martedì 31 luglio 2012

Casco: mandare a quel paese non dovrebbe bastare…


Mio figlio ogni tanto prende la bici invece della moto.

“Dovresti metterti il casco, si cade anche dalla bicicletta” gli dico. Mi guarda sconsolato “Papà, prendo la bici proprio per non mettermi il casco” è la risposta.

Vabbè… Quando avevo la sua età il casco per moto ancora non era obbligatorio. Io avevo fatto tutta l’adolescenza in motorino senza casco, sul vespone lo mettevo l’inverno e furoi città. In moto si era costretti a metterlo se si superavano i 90. 

Rigorosamente off-limit per il casco erano le uscite serali a Roma, vestiti “eleganti” con l’ex-fidanzata. 

Poi arrivò il casco obbligatorio. Panico gente che si vendeva la moto, l’ira di Dio. Ora tutto tace e il casco obbligatorio è digerito, e la gente avrebbe anche paura a non usarlo.

Qual è il trucco. Che il casco sulla moto protegge, ma secondo me è un fattore causale di molti incidenti, specialmente l’integrale, in quanto diminuisce la situational awareness e aumenta la velocità. Allora, quando si potevano confrontare i dati tra paesi con casco obbligatorio e senza casco obbligatorio, si vedeva chiaramente che i paesi come l’Italia avevano meno incidenti per moto e meno morti per incidente, proprio a dire: meno incidenti e a velocità più bassa.

Però, come dicono negli ospedali: Mettetevi il casco, ci sono cose peggiori della morte.

Il casco per biciclette non ha nessuna controindicazione. Non limita la vista, non pesa, non tiene troppo caldo. Certo, disturba la permanente e l’acconciatura, probabilmente non soffoca nemmeno il cuoio capelluto. E’ solo una gran rottura di zebedei avercelo sempre appresso, concordo.

Dal punto di vista della sicurezza, se devi sbattere la capoccia sul marciapiedi, è meglio averlo che no. Conosco molti ciclisti che hanno rotto il casco e salvato la zucca. E ho sentito di parecchi altri in coma per aver battuto la testa non protetta. E in effetti tutti quelli che vanno fuoristrada e tutti quelli che corrono sulle strade in genere lo portano.

Veniamo a #salvaciclisti ( ma che vuol dire “#”?). La reazione all’articolo di 4 ruote (che non ho letto, vedo di farlo) che chiede il casco obbligatorio mi sembra il minimo da attendersi dopo tutta la piagnoneria che gronda dal movimento. E’ una risposta ovvia, e certo chi va in bici a scatto fisso senza freni, casco e campanello è meglio che sta zitto. Neanche a Villa Borghese dovrebbe circolare. Malgrado la buona volontà finisce solo per far danni al movimento.

Pertanto, invece di baccagliare, sarebbe bene esporre in maniera seria e civile come stanno veramente le cose, e magari scavare un pochino nelle statistiche. Magari ha ragione 4 Ruote.

In aviazione distinguiamo gli incidenti in “sopravvivibili” e “Non sopravvivibili”. I primi sono facilmente identificabili. Per gli altri (e sono la maggioranza) è stato fatto tantissimo, basandosi su analisi accurate e molto serie. E sono stati fatti enormi progressi.

Quello che dovremmo capire è  quanti sono gli incidenti nei quali il casco avrebbe salvato la vita del ciclista. 

Se la percentuale è rilevante, allora il problema si pone, almeno nell’immediato.

Rimane il fatto che la maggior parte delle morti è l’investimento da parte delle auto che non lascia scampo, casco o non casco. Queste derivano da vari fattori, ma i primi sono sicuramente la condivisione della strada, il non rispetto dei limiti di velocità, la guida aggressiva e distratta. E su questo 4 ruote deve convenire, così come il fatto che una porzione sostanziose di risorse e di volontà sia diretta a risolvere questi problemi.

Un’ultima cosa: #salvaciclisti non è #sfanculautomobilisti, anche se ogni tanto ci fa piacere.


E soprattutto, come dicevo dall’inizio, l’attenzione alla sicurezza è una cosa seria, non le cavolate che si ripetono per sentito dire, magari dagli Inglesi che a loro vanno bene. Ma purtroppo questa è l’Italia: approssimazione e faciloneria da tutte le parti. 

martedì 24 luglio 2012

Acchiappa l'automobilista con la videoregistrazione!


Una mia amica americana, con un figlio ciclista accanito, mi segnala un articolo del New York Times  sull’effetto benefico delle registrazioni video degli incidenti in bicicletta fatte da chi circola registrandosi.

Sto parlando di quelli che girano con la telecamera attaccata al casco che riprende il video del percorso.

In vari casi di incidente, attraverso le immagini video è stato possibile risalire all’automobilista responsabile, anche in casi nei quali non si trattava di un incidente, ma di una vera e propria aggressione.

Eh sì, perché noi critichiamo tanto l’automobilista italiano come padre di tutte le nefandezze, ma se ho capito bene anche in paesi ciclisticamente meno arretrati dell’Italia, gli automobilisti si sentono aggrediti nelle loro prerogative.

Il sentirsi registrati ha un effetto calmante anche sui ciclisti stessi, perché ovviamente, se poi sai che il filmato servirà in tribunale, cerchi di contenerti e non passare dalla parte del torto. L’effetto è benefico su tutto il sistema, ovviamente.

E in Italia funzionerebbe?

Mah… ovviamente  la situazione americana è differente. Lì la polizia locale cerca proprio torti da raddrizzare, laddove la nostra non sembra particolarmente motivata, almeno a giudicare dalla quantità di sosta in doppia fila che continua a persistere.

Innanzitutto ricordiamoci che questo è il paese dove l’automobilista è al sicuro dalle perfide macchinette che registrano la velocità. Devono essere segnalate e visibili, meglio se da molti chilometri di distanza, presidiate da forze dell’ordine, etc. etc.

Però è anche il paese del sistema Tutor, e dei comuni che regolavano le telecamere ai semafori e gli stessi autovelox per fottere gli automobilisti. Quindi la diffidenza è d’obbligo.

Con una certa probabilità il biker vittima dell’incidente che avesse registrato la scena, sarebbe sicuramente denunciato per violazione della privacy, porto abusivo di telecamera, riprese abusive senza bollo SIAE e permesso del comune, violazione della normativa  sulle comparse (l’automobilista, ovviamente non pagato), nonché esercizio abusivo dell’attività di stuntman o, se non sopravvive, decesso non autorizzato su pubblica via.

In breve si troverebbe, oltre che dalla parte del morto, anche da quella del torto, con gli eredi perseguitati da quelli dell’automobilista.

Oppure ci troveremmo una banda di artisti del video, capaci di sovrimporre la targa della tua auto ad un incidente totalmente finto… Insomma that’s Italy!!!!! (aka Oscarwildland)

sabato 21 luglio 2012

La tragedia Italiana: i furbi vincono sempre


La foto di questo post riassume la tragedia italiana.

La strada dove vivo. In primo piano una macchina con una multa appena lasciata dal personale ATAC (?) perché parcheggiata senza pagare nelle strisce blu.

Sullo sfondo le auto parcheggiate sul marciapiedi in divieto di sosta alle quali nessuno fa nulla, perché i vigili non hanno tempo.

La tragedia italiana: i furbi vincono sempre

venerdì 20 luglio 2012

Cicloricarica all'aeroporto

Uno dei problemi più pressanti del moderno viaggiatore, che si porta nel PC ufficio e divertimenti (anche gli spartiti, spesso) è quello di tenere le batterie sempre cariche.

Però per quanti sforzi si facciano, capita sempre di arrivare all'aeroporto scarichi.

Allora dagli a cercare qualche presa libera, magari quelle utilizzate per le pulizie, accuratamente nascoste dietro le poltroncine.

Ogni tanto qualche sponsor ha la bella idea di mettere a disposizione dei viaggiatori sui pannelli pubblicitari prese elettriche.. che festa (ma non l'ho mai visto fare negli aeroporti italiani).

L'ultima, e più belkla, all'aeroporto di Brussels: Electrabel ha messo a disposizione dei viaggiatori alcune stazioni di ricarica... a pedali. Si tratta di un banco cui sono agganciate alcune cyclette che azionano dinamo che ricaricano cellulari e PC.

Pertanto puoi ricaricare quanto vuoi... basta pedalare!

Purtroppo non ho avuto modo di provarle, ma al prossimo viaggio vorrei veramente provarci!

mercoledì 18 luglio 2012

Bici pieghevoli: lo sapevo che c’era la fregatura! (e invece no!)


Ve la ricordate la barzelletta del burino arricchito che imparava finalmente a leggere? Poi andava in paese e vedeva una scritta. Tutto fiero si accinge ad esercitare la nuova facoltà e finalmente lesse: “Fesso chi legge”.

A me è capitato un po’ così con la pieghevole. Mi sono fatto la pieghevole, e dopo poco Bikediablo ci segnala che il trasporto delle pieghevoli sulla metro a tutte l’ore è scomparso dal regolamento dell’ATAC.affisso nelle stazioni.

Oggi ho controllato ed in effetti è vero, delle pieghevoli non si parla più

Di per se’ la cosa non mi spaventa più di tanto, anzi, da regolatore, la stessa norma mi sembrava scritta male. Infatti dovrebbe essere libero il trasporto delle bici pieghevoli piegate, altrimenti se la pieghevole non la pieghi è come ogni altra bicicletta.

D’altra parte una bici piegata è pur sempre una bici, ma ha ò’aspetto di ogni altro bagaglio, ancorchè fuori dalla busta. Quindi sospetto che occorra andare a vedere le limitazioni per il trasporto dei bagagli. Se la bici piegata rientra in quelle, allora nessun problema, e questo mi sembra il vero ragionamento corretto.

Aspettate, vado sul sito dell’agenzia della mobilità di Roma alla voce trasporto biciclette:

Le biciclette pieghevoli, inoltre, possono viaggiare gratuitamente ogni giorno della settimana per tutta la durata del servizio. Sulle due linee della metropolitana e sulla ferrovia Roma-Lido è consentito anche il trasporto di biciclette elettriche a pedalata assistita, ad esclusione di quelle dotate di batterie al piombo.

Quindi cessato allarme. Anzi, neanche vanno piegate!!!

sabato 14 luglio 2012

Leonardo un’espresso un po’ in ritardo


Il collegamento Termini Fiumicino è sempre stato una chimera di noi Romani, che ha scontato, a mio modesto parere, l’ostilità delle ferrovie per qualunque forma di concorrenza, ed  in particolare l’odio viscerale per quella – ormai non più nobile- che viene da cielo.

Infatti è solo recentemente che il collegamento è stato realizzato, il mitico Leonardo Express, ma a prezzi insostenibili: 14 euro a biglietto, una distanza sui 40 km (con la macchina per il raccordo io ne faccio 45). Il taxi conviene da tre passeggeri in su’. Per non parlare degli anni nei quali è stato buttato alle vicinali, per cui di quei 40 km ne dovevi fare almeno 1 a piedi per raggiungere il treno.

Pur a questi prezzi il Leonardo Express rimane un collegamento cruciale. Innanzitutto perché la sera si estende più in la del collegamento FR1 (ultimo 23:38), ma anche perché l’apertura della B1 ha reso particolarmente conveniente il nodo di Termini.

Purtroppo, come spesso accade, al prezzo strabiliante non corrispondono i confort di viaggio. Infatti quasi mai ho trovato funzionanti le prese elettriche, per cui arrivi all’aeroporto togliendo dal PC già mezz’ora di batteria, cruciale per il volo successivo (studiarsi le carte durante il viaggio è un classico mondiale). Altre volte l’aria condizionata non funziona, e per 14 euro per 40 km tutto ciò  è assolutamente inaccettabile.

La cosa peggiore è però che il Leonardo va lemme lemme, pur pagando una percorrenza kilometrica da supervelocità.

L’altra sera, per esempio, arrivo a FCO alle 22:20. Bene, c’e’ il treno delle 23:08, 23:40 Termini, B1 e a casa. Faccio il  biglietto e vedo che sta per partire un residuo FR1 delle 22:59 che ferma a Ostiense… Due conti, ma alla fine preferisco il Leonardo (cmq avevo già obliterato).

Senonchè, a quell’ora, il Leonardo ti piazza 12 minuti di ritardo, per cui si arriva a Termini alle 23:52. Metro chiusa “in faccia” e caccia al bus notturno, anche perché non la volevo dare vinta.

Per fortuna c’era il 13n che passa alle 24:10 (ma non se ne conosce la frequenza successiva. Mistero) che mi porta a Piazza Acilia. Salvo anche due Ungheresi compagne di Leonardo che dovevano andare a Piazzale delle Provincie e anche loro non hanno potuto prendere la Metro. Andandoci con il taxi da Termini avrebbero alla fine speco più che partendo con il taxi da FCO.

Una magrissima soddisfazione, l’aver protestato direttamente con il macchinista attraverso il vetro. Lo guardo – Mi guarda – Alzo il polso con l’orologio e batto l’indice sul quadrante, poi con la stessa mano faccio il segno internazionale del “che cazzo fai?” – Lui alza le mani dicendo “da me che voi?” – Io agito la mano aperta col segno internazionale del “Vedi d’anna’… ”.

Se noi sei responsabile tu nessun rancore, ma ti prego di trasferirlo ai veri responsabili. 

martedì 10 luglio 2012

Salvanchelebici

Con riferimento al post di ieri, il mio collega mi ha fornito alcuni particolari sull'effrazione.

La bici era una Cannondale di 20 anni, cui era molto affezionato.

E' stata presentata denuncia.

La bici era legata con due catene agli stalli interni alla stazione Laurentina, quindi in zona sorvegliata (davanti alla Vigilanza) e videosorvegliata,

Questo vuole dire un sacco di cose, ovviamente.

Dopodichè un altro del folto gruppo di ciclisti del mio ufficio (in effetti siamo 4 su trenta) mi ha chiesto se avevo bici vecchie. Infatti è stato una settimana in vacanza e gli hanno portato via tutte le biciclette "da palo" che teneva sotto casa "compresa quella di mio figlio".

Adesso avrete capito che qui bisogna cominciare ad organizzarsi. Portare il problema all'attenzione della Polizia, del Prefetto e se anche del procuratore della Repubblica (immagino presso la Pretura) per dirgli di considerare misure più restrittive per tutti i ladri di biciclette.

Per quanto riguarda il commento di Livia:

Non credo che a rubare siano sempre e solo stranieri... fino a novembre imperversava lui!

http://prati.romatoday.it/prati/nonno-furto-quinto-arresto-via-tommaso-gulli.html


Se si cominciasse a mettere telecamere ovunque intorno alle stazioni, con quelcuno ai monitor, già sarebbe qualcosa ma forse chiedo troppo. Tenersi la bici in casa anche se è un monolocale o legarla di fronte a una caserma, non vedo altre soluzioni per ora.

Non ho mai detto che sono solo gli stranieri, dico solo che quando è uno straniero va espulso immediatamente, o dopo un po' di lavori forzati.

Per quanto riguarda nonno furto dell'articolo, lo dovrebbero semplicemente trattenere al fresco e basta.

Al quinto arresto in pochi mesi, qualche altra polizia adirebbe a metodi più spicci.

lunedì 9 luglio 2012

Un altro affondato

Mi è stato riportato che hanno rubato la bici ad un collega.

La bici era parcheggiata alla stazione Laurentina, fermata con due catene, la usava tra l'abitazione e la stazione.

Non era proprio una bici da palo, ma abbastanza buona. La perdita non è drammatica, ma comunque fastidiosa, anche perchè una volta che te ne hanno rubata una, ci pensi bene a fartene un'altra buona.

Come già avevo detto, il furto rimane uno dei problemi seri della ciclabilità romana. Non serio come un incidente, ovviamente, però molto serio, perchè di fatto limita l'uso della bicicletta.

Coe facciamo per reagire? sempre più mi dico che accanto a salvaiciclisti dovremmo fare anche un'iniziativa salvalebiciclette, proprio per porre un freno all'impunità dei ladri.

Volevo anche rispondere ad un commento che ho avuto su di un post recente sull'argomento. Il commenti viene da Nur, e dice:

Concordo su tutto, tranne che su quel "gli stranieri". E' così scontato che chi ruba non sia italiano? Purtroppo ancora nel 2012 bisogna leggere di queste cose...

Carissimo Nur, io lavoro spesso all'estero, e quindi lavoro bene con colleghi stranieri, e sono spesso straniero. Il guaio è che alcuni stranieri vengono in Italia per delinquere, perchè tutto sommato siamo un paese ricco e le nostre punizioni sono leggere. 


Dovremmo fare un sistema che scoraggia concretamente questi comportamenti. 


Io sono sempre dell'opinione che lo straniero che viene qui apposta per delinquere debba ricevere un'aggravante della pena, e subito dopo averla scontata essere espulso.


Soprattutto, se arrestato in flagranza, espulso immediatamente, ma non fatto oggetto del foglio di via, proprio accompagnato al paese d'origine, per sottolineare che qui gli stranieri sono benvenuti, ma non i delinquenti (ne abbiamo già parecchi nostri). leggevo proprio dei carabinieri che avevano colto in flagranza di reato un cittadino xxx senza fissa dimora che rubava una bicicletta.  


E cosa fai, lo lasci libero? No, lo dovresti -appunto- rimpatriare di corsa e dirgli: "se ti ribecco in Italia ti faccio fare dieci anni di lavori forzati con la palla di ferro al piede".


E anche agli Italiani, per carità, ma essendo loro nostri connazionali, in qualche modo ce li dobbiamo tenere. 


Un'altra cosa che farei, controllerei certi invii di biciclette... quando sull'autostrada vedi furgoni carichi di biciclette, io li fermerei e chiederei la bolla di accompagnamento. 

giovedì 5 luglio 2012

Il TPL romano che non trova pace

Per domani è programmato quello che, stando alle notizie di stampa, dovrebbe essere il 7mo o l'8vo sciopero nel trasporto pubblico della capitale, e intorno al 20 ne è programmato un altro.

Domani sera, quando torno, avrei avuto due alternative: il trenino per Roma Nomentana (8 €), oppure il Leonardo Express + metro (15,5 €) o uno dei tanti pulmann che vanno verso Termini e poi un bus o la metro.

Probabilmente l'unica alternativa possibile sarà il tassì ( a meno che non ci sia un collega con l'auto sul mio volo) con 4 o cinque volte i costi relativi.

Per fortuna io sono un viaggiatore passabilmente protetto, ma tutti gli altri che sono costretti a viaggiare il venerdì? Che magari hanno speso 100 euro per il biglietto aereo e si trovano a dover spendere quasi altrettanto per il tassì?

Uno o due scioperi l'anno sono tollerabili, ma qui stiamo ormai parlando di più di uno al mese. Oltretutto spesso ognuno per conto suo, a seconda della forza del relativo sindacato.

Una volta scioperano i bus, spesso sciopera il sindacato di quelli della linea B, che è l'unica che chiude. Altre volte i bus passano ma la metro è tutta bloccata, oppure viceversa.

Francamente non credo che ciò sia tollerabile, anche perchè è uno sciopero che comunque danneggia solamente il cittadino, doppiamente cornuto e mazziato. Perchè non solo non ha il servizio pubblico, ma è costretto a ripianare di tasca sua le perdite di ATAC, COTRAL, etc.

E magari lui stesso il lavoro non ce lo ha.

Un ultima considerazione: certe categorie si permettono di scioperare perchè hanno un'alta visibilità, ovvero basta un minuto di sciopero per fermare tutto. Se invece degli autisti scioperano altre categorie, non se ne accorge nessuno... almeno per i primi 5 giorni (ricordate i minatori con la Tatcher?).

domenica 1 luglio 2012

Cicloquark sull’Artemisio… che fine ha fatto il fango?


Avete presente quel fango che allieta le gite in autunno, inverno e primavera? Bene, Cicloquark ha organizzato una spedizione sull’Artemisio per cercarlo e capire dove è andato a finire.

Il tutto è partito da Presidente Randagio, che però è venuto in auto. La più umile truppa dei ricercatori ha preso il treno da termini. Campo base alla stazione di Velletri. E lì la prima brutta notizia.

Non abbiamo i soldi per gli sherpa. Li ho spesi tutti in benzina. Tocca pedalà fino in vetta.

Azzo… Vabbè, facciamo colazione e acqua e partiamo sotto il sole cocente. 275 m di dislivello nei primi 5 km di percorso, varie testate hanno cominciato a bollire per la salita e la temperatura.

Arrivati sul limite del selvaggio (lo sterrato) troviamo Tizianik e Mr. Canna che ci dicono: potevate prendere l’ascensore appena inaugurato, o almeno la strada del cimitero che raggiunge la stessa quota con soli 50 m di dislivello (qui ci faremo un altro Cicloquark…). 

Ed in effetti io ho pensato che quella salita sotto il sole fosse non la strada del  cimitero, ma sicuramente la strada per il cimitero, almeno dopo i fifty.

Vabbè, pronti per i secondo step, tanto il periplo dell’Artemisio è all’ombra.

Era all’ombra, ma per la neve adesso è al sole. Ovvero tutti gli alberi che si protendevano sulla strada sono collassati perché hanno preteso di protendersi sotto il carico di almeno un metro di neve. Adesso giacciono tutti segati ai lati della strada sotto il sole.

Arrivati alla Valle dei lupi, un’altra delusione. 

I sentieri sono tutti ingombri dagli alberi caduti. Abbiamo provato ad inerpicarci a spinta, ma il sentiero si chiudeva tanto da rendere difficoltosa anche lo spingismo.

Dopo un paio di vani tentativi desistiamo. Nessuna possibilità di avvistare chiazze di fango dall’alto, dovremo cercarcele sulla strada…

E cominciamo a farla la strada, peraltro funestati da varie forature. Cerca che ti ricerca, niente fango, solo 
nuvoloni polvere. Nuvole di polvere tanto da dover tenere il gruppo distanziato, ma lo stesso ci ricopriamo.

E qui la folgorazione scientifica… Il fango, estratta l’acqua, è diventato polvere. E qui subentra la saggezza ancestrale… Sei stato fatto dal fango e tornerai polvere.  Ci manca solo il collegamento con la profezia dei Maya e possiamo fare –altro che cicloquark- addirittura una puntata di Ciclokazzenger. La foto dimostra che di polvere ce ne siamo portata via un bel po'...

Raggiunto lo scopo scientifico, possiamo ritirarci per un ben meritato desinare… ma dove? Insomma vinee fuori che nei pratoni del Vivaro un ppsoto bono non c’e’. Cerca che ti ricerca,  dopo aver disturbato una coppia appartata tra i cespugli,  finiamo appollaiati su una sbarra al crocicchio tra due strade ex-fangose, che di fango ne dovevano avere veramente tanto l’inverno, perché la polvere era un incubo.

A quel punto lo split. Il gruppo si divide e il presidente ci comunica che il budget della produzione non basta per pagare il treno del ritorno. Allora Pino si offre di portarci in bici verso Roma, rientrando per l’Appia, anche se ha una fretta maledetta.

Partiamo di gran carriera con Alfredo (atteso con urgenza dalla fidanzata!!!!), e Pino ci conduce lungo un itinerario meraviglioso per Nemi – Gandolfo, anche se a velocità troppo sostenuta (almeno per me) per un vero godimento. Neanche una foto.

In un passaggio delicato esplode la gomma tubeless e appena rilatticizzata (il giorno prima!!!) di Alfredo, che è costretto a infilarci la camera d’aria. Un appiccicume unico!!!!

Ripartiamo e continuiamo.

Attraversiamo Castel Gandolfo (nel paese non c’ero mai stato prima) e continuiamo in velocità, con Alfredo che sgommava con la posteriore a tutta birra al grido di “tanto la devo buttare” e giù  di freno…

Passiamo a razzo accanto al lago ( e lì io mi sarei fermato per il bagno, ma Pino, che ci ha gentilmente accompagnato, era di fretta) e giù per il pendio fino a Frattocchie e a Santa Maria delle Mole.

Da lì in poi è stata una tortura, perché i due con le full, e anche belli allenati, andavano a tutta birra (20-25) io con la front ho cercato di fare le stesse cose senza toccare il sellino e contemporaneamente rispondendo al telefono.

Ho resistito fino a Via di Fioranello, poi mi sono staccato...  Una sosta al bar di Via Cecilia Metella per una birra e un gelato, poi raccogliendo le ultime forze, i 12 km fino a casa… il GPS segnava 65 km e 847 di dislivello.

Cosa non si farebbe per amore della scienza…