lunedì 31 ottobre 2011

Il costoso flagello dei writers

Mi è capitato, come credo a tutti, di stare in un treno affrescato dai writers. Quello che non sopporto è l’opacizzazione dei finestrini, che spesso non solo non ti fa godere il paesaggio, ma ti impedisce addirittura di leggere il nome della stazione. E allora penso: “possibile che nessuno sia in grado di arrestare questo flagello?”

Poco fa ho letto la didascalia di una foto sul Corriere di Roma. Dichiarazione dell’Assessore: «Per contrastare questo fenomeno, che costa ogni anno circa 5 milioni di euro alle casse comunali - spiega l’assessore all’Ambiente Marco Visconti - abbiamo messo in campo una squadra antiwriters che svolge quotidianamente lavori di pulizia e recupero. Parallelamente è auspicabile un salto di qualità sotto il profilo della coscienza civica».

5 milioni l’anno, avete capito? In un periodo nel quale si centellinano i soldi per gli asili nido.Ma sapete quante piste ciclabili e quanto bike sharing ci verrebbero con quella cifra?

E allora perché il sindaco non mette (anche) qualche bella squadra della Polizia Comunale a caccia di writers, ne acchiappa qualcuno “e gli fa passare il vizio”? E’ assurdo, ma l’Italia è l’unico paese dove la destra fa espandere la spesa pubblica ed è inoffensiva verso i criminali. A differenza di altri paesi, la nostra destra non è law and order, e anzi mi pare che a Roma la sicurezza stia andando peggio che hai tempi di Veltroni.

Non solo Roma, ma tutta Italia sembra arrendersi ai writers… e ci sarà pure qualche ragione. Una è che la gente ha perso la fede nella difesa dai prepotenti. Qualche mese fa, prima della legnata elettorale, ho sentito uno degli assessori della Moratti che pontificava di recupero dei writers ( peraltro con accento da meridionale che sembrava Abatantuono quando diceva “Io suò melanese ciento pe ciento!”) affidandoli ai centri sociali (ops, ai servizi sociali), facendo loro assistere gli anziani.

NEIN, NEIN, NEIN: caro Assessore, ma quali anziani… Devi somministrargli la stessa cura di Alex in Arancia Meccanica: . Li metti in tuta arancione e catene, gli metti pennello in mano e per tre mesi li fai dipingere. Inizi facendogli cancellare tutti i murales di una zona. Le scritte, tutto ridipinto a pennello, infissi compresi. Quando hanno finito passi alle strisce pedonali, tutto ciò che ha bisogno di essere rinfrescato. Poi la sera a casa, così non costano. Poi vediamo se dopo hanno ancora voglia di vernice.

Infine un altro assurdo è considerare queste cose (una specie di) arte. Il 99,99 % sono ignobili zozzerie di persone che devono imporre al prossimo la loro schifezza. Oltretutto sono fuori posto in un paese che ha una sua armonia.

Fanno parte della serie “Un americano a Roma”, ovvero di quelle persone che sono affascinate dagli squilibri e dagli spazi del Nuovo Mondo. Ci sono quelli che sognano autogrill, drive inn, autostrade a 12 corsie fino sotto casa… dall’altro lato, i loro antagonisti, sognano periferie angoscianti per poter dire finalmente dare una ragione esterna alla loro voglia di darsi delle arie.

domenica 30 ottobre 2011

Capranica – Civitella Cesi – Rota – Santa Severa con Randez-Vous a Rota


Foto (tranne quelle sexy di Sabrina che me guardo in privato)

Grande gita in chiusura di ottobre con Cicloappuntamenti, una creazione che ormai consente di organizzare l’attività dei ciclisti fuori stradisti romani a tutti i livelli.

Dopo una serie di contatti con altri membri del gruppo ho postato un LAST MINUTE per la una gita/scampagnata, ma di quelle toste, sabato pomeriggio. Il risultato, con una concorrenza di altre iniziative estremamente tentatrici, è stata la partecipazione di 9 persone. Sarebbe interessante vedere quante persone per ogni weekend vengono mobilitate dal forum Cicloappuntamenti.

La gita era molto buona: arrivare con il treno a Capranica, scendere la ferrovia per una ventina di km e quindi puntare su Civitella Cesi e di lì su Rota. Risalire i Monti della Tolfa e finire la gita a Manziana. Uta però ha avuto il colpo di genio di deviare la fine della gita su Santa Severa, permettendo così di terminare in discesa (ed in bellezza) ad un terminale ferroviario molto frequentato (anche se nel post ho messo Santa Marinella!!!!!!!).

E’ stata postata nella sezione pre-scout in quanto era l’assemblaggio di varie gite fatte in occasioni differenti… il tutto non era mai stato sperimentato insieme, ma è andato benissimo, con orario e distanza assolutamente aderenti alle previsioni.

In aggiunta Sabrina e Marco, impossibilitati a partire con il gruppo iniziale a causa del LAST MINUTE, sono riusciti ad organizzare un Randez Vous sotto Rota, al ponte sul Mignone. A loro si sono uniti Cinzia e Pino, e quindi il gruppo così riunito si è avventurato baldanzosamente sulle pendici dei Monti della Tolfa, lungo la strada dismessa Tolfa-Santa Severa.

Successone e circa 300 m di dislivello il gruppo si è finalmente seduto, stanco ma felice, per un mega-picnic che ci mancava solo Federico Occhionero. Cibo a volontà e anche un po’ di vino rosso nel sole pomeridiano hanno coronato la fatica.

Da lì ultimi 100 m di dislivello, e poi la lunga e velocissima discesa verso Santa Severa, dove abbiamo preso il treno e, udite udite, ci hanno controllato i biglietti.

Prossimamente vorrei proporre una gita al sito archeologico di Luni sul Mignone, a poca distanza dal nostro percorso.

Sempre su Cicloappuntamenti!

venerdì 28 ottobre 2011

La città senza biciclette

C’e’ una sola città dove si può fare a meno della bicicletta: Venezia

Ci sono ritornato dopo circa 10 anni, ed è sempre magica ed incantatrice, anche se sempre più il suo centro si sta modificando ad uso e consumo dei turisti. Però con tutti i neon (PROIBITELI), i cocktail bar, qualche suonatore di bongo (suoni il bongo in una delle patrie del barocco? Ma sai ‘ndove te lo metterei?), più di Roma riesce a farti pensare a come poteva essere il mondo di una volta… (puzze comprese).

Il perché le costruzioni antiche, (ma forse solo vecchie) mi attraggano in maniera così forte rimane per me stesso una specie di mistero. Apprezzo moltissimo l’architettura moderna, ma probabilmente la ricerca di efficienza l’ha portata lontana dai veri bisogni della persona.

Non dico della società, ovviamente, che se ne avvantaggia, ma dell’essere umano, che alla fine preferirebbe abitare in qualche casetta vicino ad un lago o un corso d’acqua, in una stanza con una simpatica finestra di legno che si affaccia su un bello scorcio di fiume, lago, valle o bosco. Secondo me la modernità ha ancora molto da imparare prima di diventare veramente confortevole.

Comunque Venezia è un posto meraviglioso per bighellonare, anche se non in bicicletta. I ragazzini girano hanno tutti il monopattino, che permette di affrontare senza problemi le scale dei ponti. L’unica bici l’ho vista in Piazza San Marco, stracarica di bagagli.

Quello che mi piacerebbe veramente fare è bighellonare tra in canali. Non tanto il Canal Grande, l’equivalente della nostra tangenziale in fatto di traffico, ma percorrere tutti i canali che girano per la città, proprio per godermi le prospettive differenti degli edifici e qualche angolo realmente nascosto. C’e’ anche un po’ di spirito lunaparkesco in questo desiderio, come quando Sali sui barconi e ti infili in quei giri sotterranei a Gardaland…

Voi direte: ci sono le gondole per questo… solo che la gondola occorre saperla portare, eppoi è lunghissima. Meglio sarebbe un… pedalò. Ecco, mi piacerebbe pedalohare per i canali di Venezia per tutta una giornata, magari con un pedalò nero e lucido che ricordi lo stile delle gondole, tanto per non contaminare la città con ulteriore modernità.
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sabato 22 ottobre 2011

Parcheggiare male e poi lamentarsene… la gioventù che abbiamo bruciato

La guerriglia urbana sperimentata a Roma ha riproposto il rapporto tra i giovani e la società cui appartengono. Il tema è antico, e ciclicamente si ripropone in tutte le società. Solo che adesso classifichiamo come giovani, e applichiamo la stessa benevolenza, anche a individui over 25 e oltre (magari fino a 35), che invece dovrebbero essere già adulti e responsabili. Questi esemplari peculiari uniscono la visione egocentrica del mondo, giustificabile solo in un adolescente, con la decisione e la “cattiveria” di un adulto formato. E i risultati sono disastrosi.

Un po’ di giorni fa stavo rientrando a casa dall’ufficio, passo allegro, e affronto gli ultimi 500 metri prima di casa. La strada è sinuosa, il tracciato “disegnato da un gatto che fugge”, senso unico (per una volta percorso dalla parte giusta). Unico neo, una piaga ritornata da quanto gli ausiliari del traffico possono fare le multe solamente alle macchine nelle strisce blu, il parcheggio irregolare sul lato sinistro, metà auto sul marciapiedi, che non permette alle auto di superare la bicicletta.

Insomma, come imbocco la strada mi si mette alle calcagna un’auto. La sento che scalpita, fino ad un punto nel quale per la presenza di alcuni passi carrabili, mi strombazza energicamente e mi supera sgasando, facendomi il letteralmente il pelo. La strombazzata mi prende di sorpresa, per cui mentre passa l’auto, rendo nota alla guidatrice la mia opinione su di lei… opinione che poi era abbastanza azzeccata: infatti dopo neanche 100 metri accosta e va a parcheggiare, ovviamente sul marciapiedi, esattamente dalla parte opposta della strada di fronte al cancello del condominio. Nella foto (del giorno successivo) potete vedere il parcheggio: in curva e tutto sul marciapiedi.

Ovviamente lei è scesa, rendendosi conto che la mossa da parte sua non era stata eccessivamente accorta. Da parte mia mi sono tenuto a distanza, dall’altra parte della strada, onde evitare anche la semplice idea coinvolgimento fisico. Ma sempre a distanza (e quindi a voce alta) non ho rinunciato a far notare che le macchine non potevano passavano perché qualche “str*** testa di c***” parcheggiava sul marciapiede, e che quindi il clacson era più adatto per suonare alla propria sorella.

La risposta è stata esemplare: Anche se non parcheggio sul marciapiedi, lei con la bicicletta non ci può andare… Dimostrando in maniera ancora più incisiva, che l’impressione originaria era azzeccata.

Altra sera, scena a Via Jacopo Peri. Una simpatica viuzza a senso unico poco frequentata, Dove un’auto e una bicicletta non ci passano per la sosta su ambo i lati. La viuzza è comunque ridotta ad un campo di battaglia dalla solita trincea di scavi rattoppata alla meno peggio.

Oddio, con una full suspended è pedalabile, ma io preferisco lo stesso una piccola striscia di asfalto quasi vergine sulla tre-quarti sinistra.
Imbocco la strada, e il semaforo alla fine segna è rosso. Mi metto sul mio urban single track , ma neanche 10 metri che mi si accoda una Smart nervosa, che mi tallona da vicino (nota… semaforo rosso in fondo alla strada). Solo negli ultimi 20 metri la strada si allarga un po’, contemporaneamente si accende il verde, faccio appena in tempo a scansarmi che un “ragazzetto” mi urla: “le biciclette devono tenere la destra” passando a tutta birra.

Non sono riuscito a raggiungerlo… però il tutto fa anche scopa con una palpabile arroganza che si respira in particolare dalle parti dei Parioli. Arroganza e indisciplina gratuita che avevo palpato facendo scuola guida a mia figlia, quando –dulcis in fundo- una “ragazza” aveva attraversato Piazza Euclide fottendosene del nostro verde, malgrado noi stessimo arrivando.

Nella veste di istruttore ho dovuto consigliare all’allieva di rallentare. Non essendo abbastanza esperta, non ha avuto altra alternativa che arrestarsi e perdere il semaforo, mentre la tizia finiva di attraversare trionfante. Fossi stato alla guida io l’avrei fatta arrampicare su di un palo a colpi di clacson.

In definitiva però, se sui giornali leggiamo che hai successo e considerazione solo se sei un figlio/a di puttana che se ne frega non solo delle leggi ma anche della convivenza civile, se le stesse persone vedono i propri parenti prevalere con quella logica, non possiamo poi lamentarci che i giovani imparino la lezione, e magari riescano anche a superare i maestri!

sabato 15 ottobre 2011

Trevignados

Foto

In previsione della guerriglia urbana conseguenza i-n-e-v-i-t-a-b-i-l-e della manifestazione degli indignados a Roma, il Marziano ha pensato bene di evacuare la città in tempo, e di nascondersi nei boschi tra Trevignano e Oriolo, far from the madling crowd.

Il pomeriggio è stato fantastico. Partito dal parcheggio di Trevignano, sono risalito fino al sentiero Spallettoni, e poi di lì a Rocca Romana. Disceso verso la provinciale, ho imboccato la Calandrina fino al bosco di Oriolo e quindi ad Oriolo.

Ad Oriolo mi sono fatto un magnum al pistacchio, mentre mi riscaldavo sul sagrato della chiesa sono stato rimorchiato da Eleonora (una biondina di circa 4 anni, molto curiosa della bicicletta), e sono ripartito per tornare verso l’auto, pronto a fermarmi nel bosco qualora i tumulti nella capitale avessero tracimato.

La gita è stata stupenda. L’aria era molto fresca, viepiù rinfrescata da una tramontana montante. Il bosco deserto, a parte 4 cavalieri che sembravano usciti direttamente da “Trinità” (eppoi dicono che noi ciclisti siamo buffi). Peccato niente cinghiali… però che bello.

Insomma un pomeriggio incantato…

Dalla capitale, invece brutte notizie. Allo scaturire della violenza mia sorella mi chiama per chiedermi notizie della marzianina, che guida uno spezzone di corteo.

Per fortuna loro, grazie ad un serissimo servizio d’ordine, riescono a tenere alla larga gli infiltrati.

I disordini, dove sono successi, sono scoppiati inizialmente proprio tra gli stessi manifestanti, che cercano di fermare i black block. Purtroppo la Polizia non riesce ad intervenire (la maggior parte delle forze presidia i probabili obiettivi, tipo Camera e Senato) e il tutto degenera, come previsto sin dall’inizio.

Cosa c’entri questo con la politica e la soluzione dei problemi non ci è dato sapere.

Il menare le mani fa parte del DNA di un’aliquota di giovani maschi, la politica o la squadra sono solo una scusa. All’epoca mia erano gli autonomi, poi gli indiani metropolitani… cambiano i nomi, non la sostanza.

Quello che mi chiedo è perché qui –come per i disordini allo stadio- non si riesca ad isolare ed arrestare i violenti, in modo da poterli processare e sbattere i galera.
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giovedì 13 ottobre 2011

Del casco e altri accessori salvavita

Periodicamente si riparla della reale utilità del casco e della possibilità di renderlo obbligatorio.

I contrari all’obbligatorietà portano due argomenti:

a) la possibilità che l’obbligatorietà si traduca in un uso ridotto della bicicletta, magari in favore dei motocicli, e quindi diminuendo il livello di sicurezza totale;

b) i rischi che un ciclista corre derivano da fattori e forze contro i quali il casco è impotente. Credo che nessuno dubiti che dare una capocciata indossando il casco sia meglio che darla a zucca non protetta. Ovvero vi sarebbero evidenze sufficienti a giustificare l’obbligatorietà del l’accessorio.

Questo discorso l’ho già visto circa 30 anni fa, in occasione dell’introduzione dell’obbligo dell’uso del casco sulle moto. Solo che sulle moto i critici erano già battuti in partenza, chi può dubitare dell’utilità del casco in moto?

Beh, a suo tempo, ero solo un marzianotto all’università, vidi una serie di statistiche prodotte dalle compagnie assicurative, che propagandavano il casco. Beh, leggendole si capiva che:

a) i paesi dove il casco non era obbligatorio avevano un numero nettamente minore di incidenti;

b) nei paesi dove il casco non era obbligatorio vi erano molti più morti e feriti per incidene che negli altri.

La spiegazione? Per me semplicissima: con il casco, specie quello integrale, si tende ad andare molto più veloci (almeno 20 km/h in più, stesso mezzo) e si ha una minore situational awareness, che è il miglior antidoto per gli incidenti.

Certo, i medici di pronto soccorso vedevano arrivare persone con terribili traumi cranici (Come disse uno in una intervista recente: “Indossate il casco, ci sono cose peggiori della morte”). Ma in realtà dalle statistiche delle compagnie assicurative risultava che ai pronti soccorsi in media arrivavano meno feriti e comunque in media meno gravi.

Vabbè, sappiamo come è andata.

Personalmente porto il casco quasi sempre, e quando non lo metto mi sento un po’ a disagio. Francamente non credo che vi siano molti paesi dove il casco per bici è obbligatorio… anche se non ha le controindicazioni di quello motociclistico riguardo a velocità e contatto con l’esterno, il timore di una multa potrebbe far propendere le persone ad utilizzare un mezzo tipo motocicletta o auto.

Sarebbe bello poter vedere qualche bella statistica che ci faccia un confronto tra incidenti con o senza casco. Ancora una volta, un paio di volte che sono caduto recentemente, mentre andavo giù ho (fulmineamente) pensato: “almeno ho il casco”.

Infine va fatta un’ultima considerazione, relativa all’ambiente culturale. Una statistica piuttosto accurata probabilmente mostrerebbe la pericolosità della stanza da bagno e quanti cadono e battono la testa semplicemente scavalcando il bordo della vasca da bagno. Ciò non significa che la gente possa pensare di indossare il caschetto da bagno… Così la bicicletta è vista –checchè ne dica il Codice della strada- anche come l’estensione del pedone. Niente vieta ai pedoni di indossare un casco, ma renderlo obbligatorio è tutta un’altra faccenda!

In chiusura mi preme citare altri due accessori salvavita che la tecnologia ci mette a disposizione: specchietto retrovisore e gilet AV (Alta Visibilità). Tutti e due ci proteggono dal maggiore pericolo per il ciclista: essere investito da un altro mezzo.

Devo dire che li uso abbastanza. Nella borsetta triangolare ho sempre il gilet AV. Su strada, sia di giorno che di notte è fantastico. Il ciclista risalta sulla strada con chiarezza molte centinaia di metri in anticipo. E anche in città, se sei così ammantato sei visibilissimo.

Un altro accessorio non facile da trovare sulla bici normale è lo specchietto retrovisore. Molto utile in città lo è ancora di più fuori, in quanto ti consente di viaggiare affiancato a chiacchierare, senza rinunciare a tenere sotto controllo le auto che arrivano. Dopo quello sul casco, perduto in gita, ne ho montato uno sulla bici da città, devo dire con ottimi risultati. Stavo pensando di installarne un secondo a destra.

E’ un peccato che non sia più diffuso, secondo me anche questo è un salvavita.

domenica 9 ottobre 2011

Se l’inverno ci mette in fuga al primo round


Foto

Sabato, dopo molti travagli, ho deciso di abbandonare la Simbruinical Mass (itinerario allettante ma che aveva già totalizzato una valanga di adesioni, tanto da far temere per l’equilibrio ecologico del Monte Livata) per aderire all’itinerario proposto da Marco della Val de Varri.

Bene bene, ci vediamo al casello di Tagliacozzo, sotto un sole che spacca le pietre.

Magari un tantino di vento fresco a ricordarci la prossima dipartita del clima e estivo, e un pelino di nubi che fanno capolino da dietro le creste dei monti abruzzesi, ma così, tanto per rendere il cielo ancora più blu.

Partiamo da casello per portarci all’inizio della gita, ma la situazione meteo precipita.

Le nuvolette bianche scavalcano in forze i crinali e cominciano ad espandersi e a cambiare colore, dal bianco al nero. La temperatura precipita. Scendiamo dall’auto, il panorama è terrificante: le altre cime sono schermate da veli di pioggia… il cielo nero, la temperatura si attesta sui 6 gradi… e cominciano a cadere chicchi di grandine e fiocchi di neve.

Detto fatto ci arrendiamo e decidiamo di cambiare gita.

Siamo tornati a valle, abbiamo fatto colazione nel bar del casello di Carsoli, e dalla cooperazione di tanti cervelli (escluso il mio) è nato il piano B: da San Vittorino a Poli, passando per San Grergorio da Sassola e Casape.

Il nuovo giro è stato molto bello.

Tranquilla salita tra gli ulivi, necessaria per ri-pressurizzare le gambe dopo tanta canoa e discese, e lungo tratto asfaltato, con pochissime auto, tra gli ulivi in frutto, toccando i bei paesi di San Gregorio, Casape e Poli, tutti con il loro imponente maniero.

A Poli il gruppo si è diviso tra picnicchisti e trattoristi. Ci siamo salutati e ognuno per la sua strada.

Noi picnicchisti abbiamo consumato un frugale banchetto in una piazza di Poli, riparati da vento fresco e riscaldati dal sole. Il picnic è stato allietato da una bordolese di Sangiovese e dallo strepitoso ciambellone fatto da Uta.

Il ritorno è stato fatto lungo la strada asfaltata (e quanto asfalto…) che scende da Poli verso San Vittorino.

Strada bellissima (qualche auto di troppo) che si snoda tra gli ulivi, e a tratti si incassa profondamente nel tufo, cosa che mi piace enormemente. Non so perché, ma è come se sentissi qualcosa di profondamente antico.

Comunque sia, anche la discesa è stata una fatica. Infatti Daniela si è buttata a tutta birra giù per la strada, e noi abbiamo dovuto forzare per starle appresso, sul filo dei trenta, con la resistenza del vento che equilibrava la discesa.

Passato il bellissimo arco di tufo, siamo risaliti a San Vittorino, dove avevamo lasciato le auto.

Bella giornata… che dimostra anche che dovremmo fare qualche giro cicloturistico per i meravigliosi paesi del Lazio.

Un interrogativo: se noi abbiamo avuto tanto freddo, cosa sarà successo alla Simbruinical Mass in cima a Livata?

Saranno finiti tutti surgelati?

giovedì 6 ottobre 2011

Togliamo la patente ai pedoni ubriachi

La redazione di Roma Ciclista ha ricevuto un link ad un articolo, pubblicato da Repubblica di Napoli, che racconta la disavventura di una signora di Caserta, un’astemia che, avendo mangiato qualche babà al liquore al battesimo di un nipotino, è stata fermata mentre andava in bicicletta, sottoposta al test alcolemico (0,9 contro 0,5). Di conseguenza le è stata ritirata la patente automobilistica.

Confesso di provare forti dubbi sulla veridicità di questa notizia, che unisce due casi altamente improbabili (forse tre):

Primo caso: signora astemia che mangia babà al liquore e se ne inebria (caso eccezionale di botte piena e moglie ubriaca)

Secondo caso: bicicletta fermata e ciclista sottoposta a controllo alcolemico;

Terzo caso: patente ritirata.

Insomma, mi proprio puzza d’inverosimile!… quali vigili urbani fermano bici? E sottopongono a test alcolemico il ciclista? In Campania, non in Alto Adige, poi. Magari la signora ha effettivamente tenuto qualche comportamento strano, anche pericoloso, tanto da giustificare l’intervento dei Vigili.

La cosa che proprio non funziona è il ritiro della patente automobilistica per avere guidato la bicicletta ubriachi… Intendiamoci, non è che guidare la bicicletta ubriachi sia poco pericoloso. Anche a me, ormai più di 25 anni fa, è capitato di andare in bici ubriaco perso, e ancora mi chiedo come abbia fatto a cavarmela. Ma è stato niente rispetto a quello che avrei combinato se avessi preso l’auto (Peraltro il ritiro della patente automobilistica è un ottimo deterrente… peccato che dopo che hai ritirato la patente auto al ciclista, quello continua ad andare in bicicletta).

Aplicando lo stesso ragionamento, al pedone ubriaco che attraversa la strada va ritirata la patente altrettanto, in quanto è un pericolo per se’ e per gli altri, specie ciclisti e motociclisti. E il pedone, mi hanno sempre insegnato, è un utente della strada come gli altri. E anche quello continuerà a camminare per strada dopo il ritiro della patente auto.

Ritornando a noi, sono d’accordo che venga punita la guida della bici in stato di ebbrezza, ma con un regime sanzionatorio specifico per la bicicletta, e tenendo presente queste tre considerazioni:

1) Il limite alcolemico va rivisto, in quanto la bici è meno pericolosa dell’auto, va più piano etc… se non la pensate così salite con l’auto sul marciapiedi, oppure andate contromano. Vedrete che l’effetto è molto diverso da quello che otterreste facendo le stesse cose con una bicicletta;

2) Puniamo anche duramente l’incidente in stato di ebbrezza, ma lasciando perdere la patente auto, oppure decurtando solo qualche punto. Chi prende la bici dopo qualche bicchierino (non necessariamente ubriaco perso) magari lo fa per non prendere l’auto;

3) Qualunque sia il trattamento, applichiamolo anche ai pedoni… e vediamo che effetto fa. Se sembra ingiusto, allora lasciamo perdere i ciclisti.

domenica 2 ottobre 2011

Aggiustamento di bilancio: 37 milioni per il piano della ciclabilità

Svolta per la mobilità sostenibile.

Il consiglio comunale ha deliberato nella notte l’aggiustamento di bilancio che destina 37 milioni di euro per il piano della ciclabilità, ovvero a quel complesso di interventi necessari a spostare il 5% dei tragitti urbani da altri mezzi alla bicicletta.

La seduta del consiglio ha avuto un andamento altalenante, con la lobby degli automobilisti al contrattacco, fino a quando l’assessore alla Mobilità non ha chiesto l’intervento del Sindaco. Intervento che non si è fatto aspettare. Alla chiamata dell’assessore (erano quasi le tre del mattino) il Sindaco ha risposto immediatamente, saltando giù dal letto e intervenendo alla seduta ancora in pigiama.

“I nostri ciclisti sono i più bistrattati d’Europa. Che dico d’Europa, del mondo e forse anche del sistema solare” il Sindaco ha redarguito “è nostro dovere morale e imperativo categorico riportare la nostra città tra le grandi città d’Europa. E vi dico: per l’automobile in città non c’e’ futuro, ripeto: non c’e’ futuro”.

E’ stato a quel punto che l’Aula è scoppiata in un’ovazione, con l’opposizione che è venuta non solo a congratularsi, ma addirittura a baciare la mano del sindaco, peraltro visibilmente commosso. Tre minuti dopo il piano diventava parte del bilancio comunale. L’inizio dei lavori è previsto entro 15 giorni, le prime piste saranno percorribili entro tre mesi.


Ch’avete creduto, eh? AHAHAHAHAHAH!!!!
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