sabato 24 luglio 2010

Storie senza lieto fine...

Stamattina acchiappo la bici per andare a lavorare. Un po’ stanco per la cantata crepuscolare di ieri (poi riferirò) abbordo calmo calmo Via di Priscilla, Piazza di Priscilla e salgo Sulla Salaria, che trovo, nella parte che va verso il Centro, irrimediabilmente occupata da una lunga fila di auto.

Tutte ferme. E accostate al marciapiedi.

Insomma, per farla breve, visto che venivo dalla sinistra, comincio a risalire, piano piano, la colonna, tenendomi a 50 cm circa dalla mezzeria della strada.

Dopo qualche secondo un rombo di motore ed un motociclista mi supera in velocità, al centro della corsia di sinistra… peraltro tenendosi a distanza (latrale) di sostanziale sicurezza. Però va veloce, veloce e deciso, probabilmente per recuperare un ritardo.

Ed ecco l’imprevisto che si materializza: un corridore, saltellando piano piano, prova a attraversare la Salaria, sulle strisce pedonali, per entrare a Villa Ada.

Chiaramente, guarda dalla direzione dalla quale potrebbero venire le macchine, ovvero verso il centro, senza pensare di poter essere sorpreso alle spalle da un motociclista di contrabbando.

Commette però un errore: non riuscendo a trovare lo spazio per attraversare la colonna di auto, rimane al centro della strada, saltellando tranquillo sul posto, in attesa dello spostamento della colonna di auto, perché dal Centro non sta arrivando nessuno.

E qui avviene l’incredibile: il motociclista, in mezzo alla corsia opposta, non rallenta per evitare l’ancora ignaro pedone, ma suona il clacson e accelera.

Il povero jogger, tutto intento a scrutare la Salaria verso il centro, fa un salto e si volta. Il motociclista, spietato, suona ancora.

Il jogger, preso dal panico, riguadagna con due salti il marciapiedi dal quale era sceso.

Il motociclista suona ancora e passa (sulle strisce pedonali), inveendo e agitando il pugno.

Morale: chi pecora si fa, il lupo se lo mangia.

Ora l’esito della vicenda non è stato cruento solo perché lo sportivo era un corridore.

Fosse stato un altro sportvo, che dico, un giocatore di baseball con la sua mazza, ma anche un semplice interbase con una palla (da baseball), un lanciatore di disco (o di giavellotto!), un giocatore di golf, o anche un prodiere col tangone, il motociclista sarebbe stato giustamente ucciso e il mondo, dopo ciò, sarebbe stato sicuramente migliore.

Purtroppo nella realtà, difficilmente le storie hanno il lieto fine.

lunedì 19 luglio 2010

Alla prova del caldo

Quando arriva il caldo, la temperatura diventa uno dei fattori fondamentali per scegliere il proprio mezzo di trasporto. Io rimango, come detto l'anno scorso (no, due anni fa!) nel post prendere il caldo a biciclettate sui denti, per la bici, ma anche perchè ho molto del Tuareg (tranne il fascino misterioso). Ma vediamo una piccola rassegna:

  • Auto condizionata: ottima per le esigenze di lavoro e per temperature esterne superiori ai 38 gradi. Nelle esigenze di lavoro non includo il semplice spostamento casa-lavoro, ma percorsi più lunghi oppure chi utilizza l'auto per lavorare.

  • Auto non condizionata (la mia): l'importante è che sia chiara, così da non diventare una fornace. La preferisco per la vacanza infatti con l'aria condizionata mi sembra di separarmi dall'ambiente circostante, e non godermi il caldo dell'estate ( e la vacanza).

  • Autobus: ritengo il condizionamento dei mezzi pubblici una condizione fondamentale di civiltà. Non dovrebbe essere violento (tipo i mezzi americani), ma quando si sta in tanti vivcini, è bene tenere la temperatura a livelli accettabili. Purtroppo troppi autobus ancora non l'hanno o fanno solo finta di condizionare. Rumore senza fresco.

  • Treno: per il treno vale lo stesso discorso dell'autobus. Un po' di condizionamento lo rende umano. Per lavorto è accettabile viaggiare sui treni sigillati e supercondizionati (in modo da tenersi giacca e cravatta), se si viaggia per vacanza (pantaloni corti) è tutto più tranquillo.

  • Moto: Bellissima, ma in città rimane il problema dello stop-and-go. A dar retta alle cronache si dovrebbero vedere spesso motociclisti collassati ai semafori per il caldo improvviso. Io non li ho mai visti, ma in giro c'e' un sacco di gente che non regge il caldo. Una cosa da capire: quando la temperatura supera i 37 gradi, l'andare veloci rappresenta un ulteriore aggravio. Si carica calore molto più velocemente. Effetto phon...

  • Bicicletta: quando si può la preferita anche nel caldo. Credo sia la sensazione di equilibrio con l'ambiente circostante, e il fatto che una moderata attività fisica aiuta a sopportare le alte temperature.

Francamente in questi giorni ho provato un po' di tutto, e alla fine continuo ad essere favorevole alla bici. Per il caldo ritengo però indispensabili i pantaloni corti. e questo è un punto sul quale dovremmo insistere, noi ciclisti: vanno sdoganati sul lavoro.

In questi giorni un bello stile coloniale sarebbe sicuramente utile, oltre che indubbiamente molto chic!

Post Scritto con Open Office e Ubuntu!

giovedì 15 luglio 2010

Mi scuso con i lettori

A causa di impegni di lavoro e contemporanea failure del PC (con alcuni post pronti per essere postati) il blog sta rimanendo un tantino seduto.

Mi scuso con i lettori, spero di sistemare la faccenda al più presto.

martedì 6 luglio 2010

La bici mi fa bello!

Sabato avevo deciso di ripiegare sul solito giro al lago di Castel Gandolfo, con bagno e noleggio di kayak.

Memore delle passate esperienze, e conscio del pericolo degli automobilisti, avevo deciso di mettere la maglietta decathlon giallo Titti (il canarino) in modo da essere pi facilmente avvistabile.

Infatti, vista la partenza a tarda ora, era probabile il rientro con il buio. Allora vanno bene le luci, ma anche la fosforescenza aiuta.

Il problema è che i calzoncini da fuoristrada sono beige e neri (decathlon, 10 €) e non vanno con il giallo Titti e quindi mi metto i pantaloncini da strada aderenti… voilà, un figurino….


Senonchè nel corridoio di casa mi imbatto in mia figlia che mi fa: “Papà con quei pantaloni mi fai ribrezzo e guarda sta arrivando il mio ragazzo, ti prego non ti far vedere così”.

Fossi stato un proprietario terriero l’avrei diseredata.

Cmq, dato che avevo da discutere il cambio della bici prima di uscire le ho detto:non ti preoccupare, esco più tardi.

L’inaspettata, quanto rapida risoluzione del solito problema al cambio (che poi è l’ossidazione del tratto terminale della guaina del fino) ha sconvolto i miei piani: ci siamo trovati tutti e tre all’uscita del condominio, con mio genero che mi ha salutato allegramente.

Tutta queste storie poi non le ho capite: dicevano di me, ma tra tutti e due, con quei casconi apalla che avevano, sembravano i due Toad di Supermario Kart, sputati.

E hanno pure il coraggio di criticare!

domenica 4 luglio 2010

Tra i canneti del Lago di Vico

La prima domenica di luglio l’ho trascorsa in canoa (del sabato in bici magari farò un post più in la). Ho collaudato la nuova monoposto gonfiabile con un bel giro del Lago di Vico, ad occhio ece intorno alle 10 miglia nautiche (circa 18 km).

Il lago di Vico è molto bello. Al centro di una riserva naturale, praticamente non ha strade vicino alle rive (a differenza di Bracciano) e queste no per almeno l’80% completamente selvagge. La metà ancora sono canneti.

Con l’arrivare dell’estate i laghi del Lazio si spopolano. Tutti preferiscono il mare, e anch’io lo preferisco, se non che il lago ha un suo fascino malinconico. In più è l’unione di due cose che mi affascinano, bosco e acqua. Last but not least, la quasi totale assenza di traffico, cosa da non sottovalutarsi.

Insomma, stamattina sono salpato alle 11:42, e ho fatto il viaggio in senso orario, invece che nel solito senso antiorario. Ciò significa incontrare prima la parte più civilizzata, per poi dirigersi verso quella più selvaggia. Inoltre c’e’ il vantaggio che se nel pomeriggio arriva il vento, ce l’hai alle spalle.

Il lago era piatto, neanche un filo di vento, come è normalmente la mattina. La nuova canoa è molto pratica. Leggera (10 kg) e maneggevole,è piuttosto rigida. Certo, è una gonfiabile da 3 metri, per intenderci è una specie di Graziella delle canoe. Però se uno non ha fretta il mestiere suo lo fa bene.

Eppoi si piega in uno zaino di dimensioni umane, e quindi diventi, come direbbe Marco, un pedone con lo scafo! Sto studiando come caricarla sulla bici. In teoria c’entra, in pratica c’e’ da sistemare anche pompa e pagaia, cosa che fa levitare l’ingombro. Diciamo che sulla bici, tra canoa, annessi e connessi, ci starebbero 15 kg. Non una follia, ma niente fuoristrada o pendenze estremi. A Martignano ci si dovrebbe andare, magari non da Ponte Milvio…

Tornando al lago, con la canoa mi sono infilato nei canneti che si vanno diradando. Infatti gli anni scorsi, per la siccità, il livello del lago era sceso di almeno 1 metro, facendo avanzare tutti i canneti. Adesso che è risalito, i canneti più avanzati stanno morendo, e quindi tra le canne si aprono passaggi che possono essere percorsi con la canoa, o ampie insenature, dove fermarsi.

Invece di mangiare a bordo, com’e’ mio solito, mi sono fermato su di una spiaggetta nascosta tra le canne, completamente all’ombra del bosco. Avevo appena finito di pensare Questo è un posto da serpenti che nell’acqua di fronte alla canoa è passata una bella biscia, a circa mezzo metro dalla riva.

Purtroppo l’avvistamento non si è ripetuto.


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venerdì 2 luglio 2010

La battaglia per i giovani

Lo scorso post ha ri-evidenziato che la vera battaglia per la bicicletta la si vince –o la si perde- nelle scuole, tra i giovani. Perché uno dei problemi di Roma è che i nostri giovani guardano alla bicicletta come ad un mezzo da sfigati… e la bici elettrica è vista come un motorino fallito.

A creare questa situazione concorrono, a mio parere, vari fattori. Il primo è che la maggior parte degli adulti la pensa proprio in quel modo. Magari non con cattiveria, ovvero sono persone che farebbero volentieri uso della bici, ma o non possono, o non lo ritengono realistico.

Un altro fattore è che la bicicletta è un mezzo sostanzialmente individuale.Non riesci a condividerlo, come lo scooter (anche se spesso viene fatto illegalmente) e solo una percentuale piccolissima di adolescenti usa la bici in ambiente urbano, anche se quando ci si sposta al mare tale percentuale schizza in alto… sarà l’aria di vacanza.

Last but not least la fatica fisica, che è considerata degradante se non fatta per uno scopo estetico, tipo la palestra. Anche le ragazze preferiscono darsi arie da donne vissute fumando e truccandosi, piuttosto che fare la figura delle bambine usando la bicicletta… con questo decretando l’ostracismo verso la bici anche da parte dei loro spasimanti o aspiranti tali.

Come fare allora? Occorre cambiare strategia ed intervenire quando le brutte abitudini non sono ancora consolidate, e quando la bicicletta rappresenta ancora un simbolo di indipendenza: prima dei 14 anni.

E’ alle medie che bisognerebbe intervenire, proponendo corsi di educazione stradale volti all’uso della bicicletta. Non sarebbe difficile ottenere un grande successo, destinato a consolidarsi, se solo si potessero servire più scuole con piste ciclabili, in modo da consentire ai giovanissimi di accedervi a pedali.

E quanto traffico genitoriale risparmiato!

Francamente mi sembra molto improbabile che tutto questo possa avvenire nei prossimi tre o quattro anni, anche perché attuare un programma del genere richiede comunque impegno e risorse che non mi pare ci siano.