lunedì 30 marzo 2009

Per la pista del Tevere la piena non è ancora passata

La pista del Tevere, se non proprio utilissima per gli spostamenti quotidiani, rappresenta una bellissima gita entro Roma, ed ha sicuramente contribuito a restituite il fiume ai Romani

Purtroppo per la pista del Tevere la piena non è ancora passata.


Ecco come domenica 29 appariva da Ponte Sisto…


Speriamo che il Comune lanci presto l’opera di bonifica.

sabato 28 marzo 2009

Sentirsi ciclisti a Milano

I miei vagabondaggi mi hanno portato a Milano, in due giorni primaverili, di aria fresca e limpida. In queste condizioni atmosferiche la città da’ sicuramente il suo meglio.

Sarà stato per l’influenza del tempo, la città era veramente piena di ciclisti. Diciamo quattro o cinque volte la densità di Roma.

In effetti le condizioni di Milano sono più adatte: la città è più piccola e tutta in pianura. Il traffico è denso, ma molto più disciplinato, e sicuramente meno veloce.

In compenso le strade sono più strette. Difficile fare passare un auto, un Bus e una bicicletta. Ma questo, paradossalmente, si traduce in un vantaggio, in quanto le auto sono costrette ad andare piano, anche se il nostro tassista (persona educatissima) giudica le biciclette “pericolose”, specie perché vanno contromano. Personalmente, nel brevissimo tempo di permanenza, ho potuto vedere in tempo reale un’infrazione da far rizzare i capelli: bici che attraversa incrocio “veloce” con rosso pieno e auto costretta a frenare per non investirla… In compenso ho visto i ghisa fermare e multare molte auto, con una solerzia sconosciuta a Roma.

Infine non più di un decimo degli scooter romani, cosa non da poco.

Alla stazione centrale ho visto le bici del bike sharing (scusate la foto leggermente mossa), però… gli stalli erano tutti occupati, ovvero pieni di bici, e per strada non ho visto nessuno che usasse quel tipo di bicicletta. La rete di metropolitana è comunque buona, e quindi potrebbe costituire un buon punto di lancio e di supporto per il bike sharing.

Lo stato del fondo stradale mi sembra generalmente migliore di quello di Roma, per quanto i tratti a tabelloni di porfido hanno poco da invidiare ai sampietrini romani.

Lo spazio per le piste c’e’, basterebbe utilizzare gli spartitraffico dei viali. Ad occhio e croce non costerebbe neanche molto in termini di parcheggi. Il risultato sarebbe eccezionale.

La mia diagnosi è la seguente:

a) Milano ha grosse potenzialità per l’uso della bicicletta, non ancora adeguatamente sviluppate;

b) La città trarrebbe grande beneficio da un incremento dell’uso della bici, specie se accompagnato da una contestuale diminuzione dell’uso dell’auto. Anche da punto di vista estetico Milano potrebbe migliorare molto diminuendo traffico ed inquinamento. Al tempo stesso le Milanesi potrebbero rimediare all’epidemia di natiche da mannequin anoressica.

Vista la determinazione e la competenza dei Milanesi, se non lo fanno è qualche motivo c’e’.


Magari non ci credono, oppure in Comune continuano a ritenere la bicicletta un mezzo da poveracci o da provinciali, oppure... hanno paura che prenda talmente piede da non poter più tornare indietro (ipotesi per me più probabile) e dover cominciare a bloccare gli altri mezzi di trasporto.

martedì 24 marzo 2009

Quando l’uomo morde il cane


Dal messaggero del 23 marzo:

LATINA (22 marzo) - È stato arrestato per omissione di soccorso un cittadino romeno di 58 anni che questo pomeriggio, mentre percorreva in bicicletta la via Nettunense, ad Aprilia, ha tagliato la strada ad un motociclista.
Il centauro, originario di Marino, è uscito fuori strada finendo contro un muretto lungo la carreggiata e si trova ricoverato in prognosi riservata alla clinica Città di Aprilia.
Il ciclista invece è scappato senza prestare soccorso ed è stato ritrovato qualche ora dopo in una zona di campagna dai carabinieri della compagnia di Aprilia, che lo hanno arrestato per omissione di soccorso.

Non si può fare a meno di notare l’inversione dei ruoli. Stavolta la bicicletta, da vittima dell’incidente, ne sarebbe diventata causa. E il ciclista assume il ruolo del pirata che provoca l’incidente e scappa, per poi essere arrestato.

Le scarne righe in cronaca sembrano proprio una versione rivista dell’uomo che morde cane, e quindi fa notizia. Non è possibile esprimere un giudizio, in quanto occorrerebbe conoscere la località e la dinamica dell’incidente. Posso fare due tipi di considerazioni:

La prima è ovvia: anche la bici può divenire pericolosa. Dal tono della notizia, si direbbe che la bicicletta stesse facendo qualcosa di contrario al codice della strada. Biciclette e pedoni, se messi nel punto sbagliato, al momento sbagliato, diventano ostacoli pericolosissimi, specialmente per le moto e gli scooter, che nel tentativo di evitare posso incappare in grossi guai.

La seconda è che le strade extraurbane fatte per le macchine e non per le biciclette. Chi conosce la Nettunense (L'immagine è presa dal sito www.quattroruote.it) che poche strade sono più potenzialmente letali per i ciclisti, a causa della conformazione e della densità di traffico.

Nei suoi 50 chilometri, tra la salita di Frattocchie e Nettuno, la Nettunense si snoda a doppia corsia secca, con la chicca finale della lunga serie di rettilinei tra Aprilia e Anzio. In genere, per tutta la sua lunghezza, due camion e una bicicletta non ci passano. E di camion ne passano tanti, di auto tantissime.

E passano anche le biciclette degli immigrati che ormai sostituiscono, quelle dei vecchi del luogo. L’uso è elementare: consentire la mobilità dei lavoratori dei campi, e consentire di raggiungere le stazioni del treno. Spesso li trovi in fila indiana (e sono indiani!) tre o quattro.

Con l’animo del ciclista, cerco di stare attento e di prendere spazio adeguato, ma non tutti adottano la stessa prudenza, oppure basta che dall'altra corsia arrivi un camion che sei nei guai.
Atterrando (da passeggero) a Brussels osservavo dall’aereo che molte delle maggiori strade extraurbane belghe sono affiancate per tutta la loro lunghezza da comode piste ciclabili. Il rosso vivo (o il rosa) lo si nota anche dall’alto. Non sembra una cosa terribilmente costosa, basterebbe volerlo.

sabato 21 marzo 2009

Dell’utilità delle piste ciclabili

Su Roma Pedala è scoppiata una polemica riguardo all’utilità, alla desiderabilità, e anche alla sicurezza, delle piste ciclabili.

Premetto che a me le piste ciclabili piacciono molto, anche quali elementi di arredo urbano. La saggezza convenzionale (la Conventional Wisdom) assegna alla pista ciclabile il ruolo di separare il traffico ciclistico da quello degli altri veicoli. Ciò dovrebbe permettere di sia di aumentare la sicurezza per il ciclista che di allontanarlo dalle fonti di inquinamento. Però…

Qualche però c’e’, e va considerato. I critici mi pare rimproverino alle piste ciclabili proprio il ruolo di separazione. Separazione che prima o poi finisce, e lì i problemi possono farsi seri, peggio che se la pista non ci fosse stata.

Pensiamo ad esempio una pista che scorre parallela ad una strada (sulla destra) ed arriva ad un incrocio. Due ciclisti vanno paralleli: uno sulla strada e uno sulla pista. Quello sulla strada è esposto al pericolo di essere urtato dalle macchine che vanno sulla strada stessa. Però arrivato all’attraversamento dell’incrocio gode di tutte le precedenze delle automobili.

Il ciclista sulla pista non è esposto al rischio di essere urtato nella marcia normale, ma arrivato all’attraversamento dell’incrocio, malgrado il semaforo sia verde, si trova esposto al pericolo delle auto che girano a destra.

Perché il pericolo si tramuti in rischio occorre aggiungere la severità delle conseguenze e la probabilità che questo accada. E’ chiaro, ad esempio, che percorrendo una strada a scorrimento veloce, con molte auto e pochi attraversamenti, convenga stare sulla pista ciclabile.

E’ altrettanto chiaro che una pista ciclabile con tante interruzioni può essere non molto più sicura di una tranquilla strada con poco traffico. Probabilmente quello che ci vuole è la protezione degli attraversamenti stradali della pista (magari con barre per rallentare il traffico veicolare).

Per quanto mi riguarda ritengo le piste un netto miglioramento della sicurezza. Lo sono ancora di più se si considera l’uso da parte di ragazzi e adolescenti.

Solo che talvolta la realizzazione si porta appresso alcuni problemi:

a) percorso inefficiente. Pensiamo al “nodo di Gordio” dello sbocco della pista della moschea su Viale Parioli. Si taglia sulla strada e tanti cavoli. Anche la pista della Colombo passa e ripassa da un parte all’altra… tre passaggi, in media 3 minuti persi.

b) Fondo peggiore della strada: i marciapiedi non sono la strada. Dove le piste passano sui marciapiedi, ahime’, il fondo è alquanto sconnesso. Forse i pedoni non se ne accorgono, i ciclisti di sicuro;

c) Strozzature di percorso: l’imperativo di non sottrarre spazio alle auto fa realizzare le piste “dove si puo’, come si puo’”. Alcune soluzioni sono effettivamente particolari e sono giustificabili esclusivamente in un quadro di bassa densità di bici…
Dissuasori: per non far entrare le auto si massacrano le biciclette. Non solo la pista tevere Nord, dove spesso devi scendere dalle bici, ma anche la Villa Borghese-Villa Ada sono disseminate di pali e paletti anti auto. I tozzi colonnotti di Viale Rossigni mi hanno sempre spaventato. Mi pare facilissimo farcisi male. Perché non sostituirli con qualche bella pattuglia di Vigili a fare multe a chi ingombra la pista?

mercoledì 18 marzo 2009

Cicloscalinata sul Reno

Un piccolo passaggio in Germania, Colonia, mi ha permesso di vedere un mondo veramente diverso. Senza voler magnificare un paese che ha sicuramente molti contro, debbo dire che tutti mi sembrano molto più rilassati che in Italia, o almeno che a Roma.

Fa meraviglia la pianificabilità degli spostamenti, con una rete di mezzi pubblici eccellente e un uso abbastanza estensivo (anche se non ai livelli olandesi) di biciclette.

La caratteristica che ne viene fuori è il livello relativamente basso di rumore. Esagero se dico silenzio in città. Però immaginate di prendere Roma e

a) togliete tutti i motorini e gli scooter… e anche molte moto;

b) riducete ad un terzo i veicoli commerciali;

c) togliete il vizio delle smotorate e del clacson…

d) togliete i tram sferraglianti…

e) buttate dentro un sacco di aree pedonali

Un paradiso acustico.

Per l’invidia dei lettori allego le foto di una scalinata che dal Reno risale alla spianata del Duomo… Vedete che è attraversata da una pista ciclabile…

venerdì 13 marzo 2009

Viale Castro Pretorio… Quanto spazio sprecato (ai fini della bici)!

Le foto che vedete le ho prese a Viale Castro Pretorio.

L’occhio esperto apprezza immediatamente lo spazio disponibile, che avrebbe permesso la realizzazione di una bellissima pista ciclabile.

Considerando che i marciapiedi sono stati tutti quanti rifatti, pensate quale occasione abbiamo sprecato.







mercoledì 11 marzo 2009

Se alla Regione Lazio ci si mettono anche loro…


Martedì 10 marzo ho rifatto il Vescovio/EUR/Vescovio, non senza rischiare un paio di volte la pelle, specialmente all’EUR.

Il problema è sempre l’alta velocità degli automobilisti svicolatori. Cmq, se dovessi dare un suggerimento ai Vigili urbani, direi di perseguire senza pietà i telefoninisti al volante…

Inoltre non vanno sotto valutati maxiscooter e moto che ti fanno il pelo per sorpassarti e poi si bloccano davanti a te tra le macchine. Per questo il ciclista dovrebbe sempre girare con una mazza da baseball, così da darla in testa ai motociclisti che ti superano mettendoti a rischio di morte e 5 metri più in la’ ti bloccano.

Oscar speciale alla Regione Lazio, dove passa la pista ciclabile. Sia all’andata che al ritorno vediamo automobile parcheggiate di fronte a un passo carrabile che bloccano l’accesso alla pista… di quale assessore o consigliere sono?

Poche differenze tra l’andata e il ritorno, come potete vedere. E anche sul resto della pista non sono rose e fiori…

domenica 8 marzo 2009

Bicicletta in panne e viveri esauriti…


Approfittando del magnifico tempo ho caricato la bici sull’auto e me ne sono andato verso Bracciano, per fare una variante della “solita” e “solitamente affascinante” gita da Trevignano a Oriolo Romano e Ritorno.

Tempo veramente magnifico, il bosco meraviglioso ma, a parte qualche rara mimosa, ancora in attesa della primavera. La gita è stata selezionata, dopo un accurato giro sul sito di paolaegino, soprattutto per il fondo asciutto, che non riserva sorprese. Inoltre quando vado da solo preferisco andare su itinerari battuti e conosciuti, possibilmente sotto copertura telefonica.

Giornata perfetta…l’unica nota stonata è stata il fisico. Debbo dire che le corsette hanno tenuto allenati i polmoni, e altre diavolerie mi hanno tenuto allenati i dorsali e gli addominali. Ma le gambe, ma le gambe a me dolgono di più!

In effetti le gambe non stavano proprio malaccio, anche perché confrontando le velocità che ho tenuto con quelle romane, ho viaggiato almeno al doppio. Solo che non erano terrorizzate dalle salite. Alla fine hanno fatto tutto quello che dovevano, nulla di più… è bastato soffrire abbastanza.

Cmq, ne è valsa la pena.

L’itinerario: Da Rocca Romana, attraverso il bosco, fino ad Oriolo Romano. Sosta alla “Bottega dei Sapori” di Oriolo Romano rifornimento di ciriola con porchetta (EC-CE-ZIO-NA-LE), quarto di torta rustica agli spinaci, e birra. Di nuovo verso la mola di Oriolo, solo che invece di buttarmi giù nella forra, ho continuato per un’altra strada che aveva sempre stuzzicato la mia fantasia. In effetti una strada molto simpatica tra tanti pascoli, che si snoda sulle pendici del colle.

A quel punto (km 18,7) ho forato, proprio di lato ad un magnifico pratone. Allora ho poggiato la bici sul prato e con filosofia mi sono messo a desinare. Finito di mangiare mi sono messo a prendere il sole, e mentre sonnecchiavo mi è venuto il terribile pensiero: avevo la bici in panne e avevo finito i viveri (appena finito…).

Mi sono messo a trafficare e ho trovato immediatamente il colpevole, uno spino di quasi un cm. Riparata la camera d’aria ho rimontato il tutto e sono allegramente ripartito, percorso la strada fino al suo esaurimento in un bosco, e poi sono tornato indietro. Tutti contenti tranne le gambe che protestavano e hanno protestato per tutto il ritorno (Alla fine neanche tanto, 38 km).

Da notare: tutto il percorso (fino alla “Bottega dei Sapori”) è stato inserito nella ciclovia del bosco (Braccaino/Trevignano/Sutri/Oriolo) con tanto di segnaletica. Cosa fatta molto bene (se dura), lo consiglio vivamente.

Inoltre difendo l’opportunità di comprare qualcosa quando si passa lì (per esempio i panini), cosicché i commercianti si rendano conto che il ciclismo porta un po’ di commercio.




PS.: secondo voi com’e’ andato il bilancio delle calorie?

mercoledì 4 marzo 2009

Se il medico prescrivesse la bicicletta…

Un rapporto dell’Osservatorio della Sanità descrive noi italiani come un popolo di sedentari, fumatori e sbevazzoni.

Però a preoccupare non sono tanto quelli ormai da rottamare tipo me (anzi prima tiriamo le cuoia e più l’INPS è contenta e sta preparando una campagna di incentivi...), ma i giovani e i giovanissimi. A nessun genitore sfugge come la generazione attuale, veri maghi della playstation e del Wii del finto movimento, abbia una certa tendenza a considerare la fatica fisica come un marchio d’infamia.

Se ritorno alla mia lontana adolescenza, la competizione fisica era una costante tra le amicizie maschili. Si stava sempre a misurarsi a correre, giocare, lottare, fare scherzi, per vedere chi cedeva per primo. Quello che adesso i giovani fanno col Wii, noi lo facevamo sul serio, anche se un po’ artigianalmente.

Circa 4 anni fa tra genitori organizzammo una gita al mare, approfittando di un sabato con tre ore di scuola. Era maggio avanzato, andammo a Fregene. Io caricai tre maschietti sulla mia auto, tutti bravissimi ragazzi, educati e forti nello studio. Dopo un po’ li sentii sbuffare e lamentarsi: non avevano l’aria condizionata in macchina! Al ritorno fecero salire le sorelline e se ne andarono sulla BMW del padre di uno di loro (voi direte mica scemi…).

Magari il mio pargolo e’ un tantino esagerato, ma considerate che i giovani ciclisti sono una percentuale esigua del numero totale. A quell’età sembra che comunque preferiscano l’autobus alla bici, e d’altra parte noi genitori in genere non premiamo a causa del rischio connesso all’uso della bicicletta, ma non consideriamo che se la bicicletta è più pericolosa del bus, è sicuramente meno pericolosa del motorino. Comunque la disponibilità di una rete di piste ciclabili aiuterebbe molti genitori a fare la scelta giusta.

In effetti la gioventù romana guarda a chi va in bicicletta come ad un povero sfigato, uno che non si può permettere la moto. Questa cosa ha un effetto devastante. Infatti se ad usare la bicicletta rimangono al massimo uno o due per classe (normalmente meno) questo finisce per isolarsi dagli altri modi di trasporto (macchinetta, motorino e bus) e non socializza. Finisce che quell’unica bicicletta viene sabotata dagli altri che non sopportano che altri minaccino il loro conformismo.

Invece un gruppetto di ciclisti in una classe socializza e magari riesce a fare proseliti e anche qualche bella gita. Ogni uscita diviene un’occasione di divertimento. Inoltre avere un gruppo di adolescenti autonomi in bicicletta significa snellire il traffico genitoriale e l’affollamento dei bus.

Altro target del rapporto sono i giovani oltre i vent’anni, accusati, oltre che di soprappeso, di fumo e cocktailismo (alcool fuori pasto). Tutte cose che fanno figo, ma creano, oltre a vistosi inestesismi, danni cumulativi che si manifestano alla mezza età. Anche quelli potrebbero alternare all’attività sedentaria dello studio qualche bello spostamento in bicicletta, cosa che ha il pregio di estendere all’ambiente i benefici personali.

Arriverà il medico a prescrivere la bici?

domenica 1 marzo 2009

L’industria che ci possiamo permettere

Quando un anno fa il prezzo del petrolio stava cominciando a salire, avevo tirai un sospiro di sollievo.

Infatti pensai che l’aumento (non eccessivo) del petrolio avrebbe generato un mercato di sostituzione per tutti quei beni divenuti troppo cari da gestire.

Auto, aerei, treni. A fronte di una modesta contrazione del PIL iniziale, avremmo avuto domanda per l’industria per i successivi vent’anni, ed il risultato sarebbe stato un ulteriore arricchimento globale, non chè la valorizzazione di tante tecnologie ecologiche, compresa la bicicletta.

Purtroppo è andata diveramente, e in modo molto peggiore: il crollo della finanza ha distrutto ricchezza in tutto il mondo, e i compratori sembrano non avere più abbastanza soldi per comprare i prodotti dell’industria. Pertanto stanno tirando la cinghia e risparmiano.

Senza compratori per le merci le fabbriche riducono personale, licenziando anche quelli che pensavano di cavarsela spendendo di meno (errore!).

I licenziati, rimasti senza stipendio, non possono più spendere, e la crisi sembra aggravarsi sempre di più. Ora, non bisogna disperarsi, ma mi piacerebbe avere più confidenza con la macroeconomia per capire se ci sono margini per cavarcela.

Questa crisi sta facendo riflettere tutti sulla finanza. Ma quella è "solo" carta. In realtà dovrebbe farci riflettere un tantino sul nostro modello di sviluppo, l'economia reale, e soprattutto sulla sua resistenza alle perturbazioni occasionali. Tanto per tenerci sul familiare facciamo un piccolo esempio, l’auto e la bici.

L’industria dell’auto è una delle maggiori al mondo. Con l’auto si fanno grandi soldi, a tutti piacciono le macchine. Tecnologicamente è una delle industrie di maggior successo. Le vetture di 10 anni fa sembrano quasi dinosauri, ed ogni generazione di prodotto ci sta abituando a confort e prestazioni superiori a prezzi stabili (in termini reali) o addirittura in diminuzione.

Qual’e’ l’unico problema? Il mercato è maturo e si producono e vendono molte più auto di quanto non ce ne sia reale bisogno. L’auto è un oggetto da pieno consumismo. Infatti non solo le auto vengono cambiate prima del momento della loro inservibilità tecnica, ma in genere sono sovrautilizzate, si fanno molti più chilometri di quanto non sarebbe necessario.

Sappiamo che in una città come Roma, la macchina è indispensabile solo per un ridotto numero di persone. Gli altri si sposterebbero più economicamente e più rapidamente con mezzi pubblici e biciclette. Ma se veramente il 70% dei Romani lasciasse l’auto a casa, quale sarebbe il contraccolpo sull’industria? Cosa si mettererebbero (...metteranno) a produrre tutti coloro che lavorano nelle fabbriche e nell’indotto?

Purtroppo questo è uno dei guai dell’economia moderna, troppe persone traggono il proprio sostentamento da beni voluttuari o addirittura inefficienti. Quando arrivano i guai veri, questo tipo di economia si piega su se’ stessa.

Soluzioni ne hai? No, per carità, mai potrei trovarne. sono cose difficili. Non credo nella pianificazione dell’economia. Però mi ricordo una frase tratta dalle "Leggi di Augustine", un libello comico sullo sviluppo dell’industria aeronautica: I produttori di aerei volevano qualcosa che costasse molto e pesasse poco ed inventarono il software.

Innanzitutto dovremmo riflettere che ancora nel mondo esistono miliardi di poveri da far diventare se non ricchi, almeno benestanti. Quindi sarebbe possibile per molti anni ancora vivere bene, anche riducendo un po’ il nostro tenore di vita, scambiando con loro lavoro e prodotti.

Il problema è che mentre è pensabile riempire l’Africa e l’India di biciclette (la Cina mi pare già le abbia), se tutti i Cinesi, gli Indiani e gli Africani decidono di farsi la macchina, le risorse del mondo si esauriscono rapidamente.

Dovremmo quindi inventare una specie di software che prenda il posto dell’industria dell’auto, in modo da poter far reggere la nostra economia su qualcosa che possa essere replicato in milioni di esemplari senza danneggiare l’ambiente, e poter predicare l’abbandono dell’auto a favore della bicicletta senza timore di far crollare il mondo occidentale.

Un’idea, da ex scrittore di fantascienza, ce l’avrei: un bel medicinale, magari costosetto e laborioso da preparare, tipo una fiala 10000 euro, che allunghi la vita di 5 anni (replicabile 10 o 15 volte)… Avremmo quindi un prodotto, magari non inquinante, che prenderebbe il posto dell’auto nella nostra società.

Avremmo enormi fabbriche di medicinale, mutui, rate, etc, e non potendo impiegare i guadagni che nell'acquisto della medicina, tutti si sposterebbero in bicicletta!