domenica 27 dicembre 2009

La scoperta dei calzini di lana e le pozzanghere “Olivedolci”

Domenica 27 il mio terzo cicloappuntamento.


L’itinerario è stato proposto da Maurilio: un anello a partire da Fiano Romano, fino sotto Sant’Oreste e il Soratte, che ad un certo punto ho avuto paura di dover scalare.



Comunque, niente male: 49 km e 950 m di dislivello, cosa che all’inizio mi ha impensierito abbastanza. Ce l’ho fatta appena, anzi happena, ovvero con il fiato corto.


In realtà l’"equipaggiamento" ha funzionato tutto, tranne le gambe che erano un bel po’ fuori allenamento. Però addominali e dorsali erano a puntino. Dovremo riprendere ad andare a correre, dunque.



In maniera estemporanea, stamattina, nel vestirmi, ho messo come primo strato di copertura sui piedi, calzettoni di lana.


Leggeri, niente di speciale, ma con l’80% lana. Sopra ho messo i calzini da running che si trovano da Decathlon.


E’ stata una fortuna, perché abbiamo trovato parecchie pozzanghere da “Olivedolci”. Chi si ricorda “Olivedolci”?


E’ il saluto (arrivederci...) in quella comica di Stanlio e Ollio nella quale devono partire in auto con lo zio con la gotta, e insomma ne combinano di tutti i colori. Ogni volta che stanno per partire, succede qualcosa all’auto.


Alla fine partono. Olivedolci, Olivedolci... passano in una pozzanghera e affondano, con tutta l’auto, fino al collo. Era una pozzanghera profonda



Le nostre pozzanghere non erano fino al collo, ma fino quasi al mozzo dei pedali (in questa specifica occasione “canotto” non mi pare adatto. Fosse stato un canotto non avremmo avuto problemi). Sta di fatto che i piedi della maggior parte dei partecipanti sono finiti sotto il pelo dell’acqua nel corso della pedalata, con allagamento totale.



Debbo dire che i calzettoni di lana, come ai tempi delle regate, il loro dovere l’hanno fatto egregiamente, e se il piede era bagnato, sicuramente è stato caldo per tutto il tempo… cosa che non si può dire degli altri.



Peraltro Artiglio già applicava di suo l’idea che avevo avuto nell’escursione al guado, di portare
bustine di plastica da mettere dentro la scarpa per isolare il piede. Sono che invece delle bustine da frigo, erano le soprascarpe azzurre da infermiere.




Il bilancio della giornata? Bello, altra gita meravigliosa. Forse un po’ troppo tirata per gustarsi il paesaggio come avrebbe meritato, poche soste nella natura. Ma d’altra parte è dicembre. Anche il bosco non me lo sono goduto per la stanchezza e per lo stato catastrofico del sentiero, per fortuna le pozzanghere erano basse!



A tutti un salutone ed un augurio di Buon Anno Nuovo. Ci vediamo nel 2010!

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giovedì 24 dicembre 2009

Carpe Pistam

Mentre l’anno si avvicina alla sua fine sono andati a maturazione una serie di iniziative iniziate un po’ di tempo fa.

La comunità dei ciclisti di Roma può quindi dare il benvenuto alla pista di Via Rubattino (che continua al cimitero acattolico), il primo tratto del Parco Lineare delle Mura da Piazza di Porta Metronia, e della ciclabilizzazione a tradimento del marciapiedi di Via Druso, che Roma Ciclista aveva proposto molto tempo fa, e che il Marziano comunque percorreva regolarmente facendo strage di pedoni.

I critici hanno probabilmente ragione, ovvero si tratta di interventi non eccessivamente organici, e con finalità differenti.

La pista delle Mura è soprattutto per divertirsi, a parte coloro che fortunatamente hanno quel tratto sulla loro strada quotidiana. La pista di Via Rubattino serve soprattutto Rubattinesi e Zabaglioni, senza collegarsi alla rete ciclabile.

In definitiva è proprio questa che manca, la rete ciclabile. Ed è questo che il tavolo tecnico, speriamo si convochi presto, dovrebbe in qualche modo patrocinare.

Comunque, l’aggiunta di nuove pista al panorama cittadino non può non essere motivo di soddisfazione. Godiamocele così come sono, almeno si sta ri-muovendo qualcosa.

Carpe Pistam, come avrebbero detto tanto tempo fa. Andiamo a Via Rubattino a fare la spesa, passiamo le domeniche al Parco Lineare!

E anche mostrare un po’ di soddisfazione potrebbe incoraggiare l’amministrazione a proporne altre, più audaci, di quelle che servono veramente a mettere in collegamento la città.

Buttiamone qualcuna lì:

- collegamento Colosseo-Piramide, un metro di pista per lato di strada. Arrivati a Piramide ti si apre il mondo, e Via Marmorata;

- Tutta via Cilicia, sul marciapiedi, dalla Colombo;

- Continuare la pista di Viale Mrconi su Viale Marconi, fino a congiungersi con la pista del Tevere;

- La Nomentana!

- Corso Trieste.

Fantasia o realtà? Vedremo… Per adesso tanti auguri a tutti i miei lettori e gli altri blogger!

E... Carpe Pistam
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lunedì 21 dicembre 2009

Marciapiedi salvavita

A volte basta poco per salvare una vita, anche un piccolo marciapiedi (80 cm, a stringere) come quello che vedete nella foto.

Riconoscete il posto? E' la Salaria, la parte che costeggia Villa Ada, partendo dal quadrifoglio dell'Olimpica. E' una salita.

Venerdì scorso, il 18, la stavo percorrendo, quando ho pensato di ridurre drasticamente il rischio salendo proprio su quel piccolo marciapiedi.

Il marciapiedi è ridotto proproi male, ma alle basse velocità della salita non si hanno veri problemi. Però si ha vera sicurezza, in quanto le auto hanno la loro strada bella libera. Purtroppo in cima alla salita la larghezza del marciapiedi si azzera quasi. Per me va ancora bene, ma certo non è proponibile per tutti.

Comunque un esempio di come un po' di creatività possa contribuire a rendere la bicicletta notevolmente più sicura. Basterebbe gettare un po' di asfato rosso per trasformare questa striscia inutilizzata in una fettuccia per biciclette.

Forse anche le regole per la progettazione delle piste ciclabili dovrebbero essere riviste, ed in particolare adattate la criterio della mimizzazione del rischio. In particolare, in questi casi è meglio una pista stretta stretta piuttosto che stare nel flusso delle aluto.
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domenica 20 dicembre 2009

Una gita a Mediaworld lungo la Tor de' Schiavi

Sabato, mentre i cicloappuntamentisti si distribuivano tra i Castelli e Cesano/Oriolo, io mi sono dedicato alle compere, anzi, al bikeshopping.

Infatti ho preso il vecchio velocipede e mi sono diretto a Mediaworld che sta a Viale della Primavera, alla rispettabile distanza di 9 km da casa.

Passata la Prenestina, mi sono inoltrato per Via Tor de’ Schiavi.

Un vero macello. In entrambe le direzioni c’era una sosta in seconda fila assolutamente compatta.
Il passaggio era quindi ridotto ad un budello, con il risultato di rallentare tutti, comprese le bici.

Ciò fa pensare: infatti, al centro di Via Tor de’ Schiavi, vi è un colossale spartitraffico. Tanto largo che c’entrano due automobili parcheggiate a 90 gradi e una pista ciclabile, se solo qualcuno si decidesse a farla. Pista che permetterebbe almeno ai ciclisti, di evitare le miserie dell’ingorgo da seconda fila.

Che ci vorrebbe? Nulla, praticamente, solo la volontà di farla… Mah.

Comunque, passando all’incrocio con Via Anagni, ho visto a terra uno scooterone. Niente di drammatico, ho pensato, perché non vedevo feriti.

Insomma, ho continuato per Mediaworld. Ho legato la bicicletta, sono entrato, ho bighellonato, ho trovato quello che cercavo, ho fatto la fila alla cassa, ho pagato con la carta di credito, ho bighellonato ancora un po' nel centro commerciale, mi sono rivestito da ciclista, ho slegato la bicicletta e sono ripartito verso casa.

Un ingorgo terribile, non passavo neanche con la bici. Che era successo: finalmente all’incrocio era arrivata l’ambulanza, che messa di traverso su Via Tor de’ Schiavi la bloccava quasi tutta. Con estrema difficoltà mi districo e passo accanto all’ambulanza.
Il personale stava chiacchierando tranquillamente accanto allo scooterone rovesciato, senza alcuna emergenza in atto evidentemente lo scooterista era deceduto.
Infatti che se qualcuno aveva chiamato l’ambulanza per le ferite dell’incidentato, il malconcio ormai aveva fatto in tempo a morire almeno quattro volte prima del suo arrivo, ed io a fare le mie compere nel centro commerciale poco distante.

venerdì 18 dicembre 2009

Sono 30 anni che sono maggiorenne!

Trent'anni di maggiore età non sono uno scherzo.

Mi sembra ieri che mi dannavo per iscrivermi a scuola guida.
Alla prima lezione ci andai con un flauto traverso appena comprato. Ancora ce l'ho, ma non ho mai imparato a suonarlo.
La foto riguarda un altro piffero ibrido, che adesso giace da qualche altra parte.


Allora non lo sapevo, ma appena dieci anni dopo sarei diventato padre di un simpatico lattante, che adesso ha superato i 187 cm e si può permettere di non darmi più retta, perchè a sua volta è maggiorenne.


Rimpianti? Beh, rimpiango il mondo della non esperienza, del pensare che le cose possano avere solo lati positivi e nessun lato negativo, di poter vivere di solo amore, e dell'assoluta potenzialità.


Apprezzo la maturità dei pensieri, ma non mi piace il corpo che inizia a perdere qualche colpo... Proprio adesso che apprezzo più l'attività di quella intelletuale...


A proposito, sulla sua bacheca di facebook, qualche giorno fa, c'era uno spiritoso che faceva battutacce sulle 48enni. Sarà, ma io le trovo ancora affascinanti.

mercoledì 16 dicembre 2009

Cominciamo da 40 km, speriamo, 40 km l’anno…

Vi sembrano pochi 40 km di piste ciclabili? A me no, soprattutto non sono pochi a Roma. Dall’estero ho letto la cronaca dell’annuncio di De Lillo, e alla risposta di qualche "associazione di ciclisti" sono rimasto sorpreso.

La notizia che i ciclisti non vogliano le piste ciclabili sembra un po’ del tipo uomo morde cane, che piace tanto ai giornali. Però è anche vero che se ti raddoppiano lo stipendio, ma ti triplicano il lavoro, lo scambio potrebbe non essere conveniente. Se il tuo datore di lavoro dice: a quello ho raddoppiato lo stipendio, e non gli va bene… Che notizia!

Non conosco nel dettaglio il famoso piano dell’Assessorato, ma se gran parte di queste piste sono dentro i parchi, allora forse non ci siamo. Oppure se sono iniziative totalmente isolate, allora viene perso l’effetto rete… non va bene, ma va giudicato caso per caso.

Comunque la vera notizia dovrebbe essere 40 km di piste ciclabili l’anno per i prossimi 5 anni… Quella sì che sarebbe una notizia!

Altra querelle è l’apparente dissidio tra pista ciclabile e strada ciclabile. Una non esaurisce l’altra.

Le piste sono bellissime e servono ad un mucchio di persone, non ultimi i ragazzi o i bambini, quando fai un giro con loro. Chi si allena per la corsa troverebbe invece molto da ridire.

E’ altrettanto chiaro che i ciclista non può vivere di sola pista, e quando –per qualsiasi ragione- è costretto a mischiarsi al resto del traffico, non deve correre rischi estremi.

Quindi le piste servono su tutte quelle strade dove il traffico è intenso e veloce (sopra i trenta). Nelle aree residenziali, il limite dovrebbe essere portato a trenta, eventualmente utilizzando i famosi dissuasori, che comunque comportano problemi.

Il terzo item del momento è l’apertura alle bici delle corsie preferenziali. Lo vedo fare in molte città, senza grossi problemi, quindi a Roma perché no? Anzi, in alcune strade come Via Nazionale dovrebbe essere obbligatorio, in quanto la corsia preferenziale a destra è, a mio giudizio, molto pericolosa per la bicicletta.

I critici del provvedimento temono un ulteriore rallentamento del mezzo pubblico. Vista la quantità di bici che gira non lo vedo un vero problema.

Se poi la bici prende veramente piede, allora ne se ne può parlare, con un incentivo a realizzare ulteriori piste.

domenica 13 dicembre 2009

Se andavo in canoa prendevo meno acqua

Il caro Zorro di cicloappuntamenti ha cercato di salvarci dalla domenica a casa con una gita no levataccia/no dislivello da Roma a Fregene. Non lo aveva scritto, ma era anche previsto all’arrivo un tuffo nelle calde acque del Tirreno. Se poi siete tra quelli che trovate freddino il Tirreno, provate l’Artico, qualunque stagione!

La gita era anche di consolazione di chi non aveva potuto approfittare della Val Nerina il sabato. (Ah, a proposito: non vale terrorizzare millantando 45 + 45 km per poi farne solo una quarantina…)

La partecipazione è stata massiccia. Ai nastri di partenza c’erano ben 16 partecipanti, contati all’attraversamento dell’Ostiense.

Stavamo tutti tranquilli perché le previsioni davano pioggia in tarda serata. Anche quando ha comiciato a pioviccicare si diceva: non è possibile, questa pioggia evidentemente non ha letto le previsioni.

Comunque siamo andati avanti sulla pista Tevere Sud, ma dopo il raccordo alla gita si è unita una nuvola birichina e piovigginosa che ci ha accompagnato per la successiva mezz’ora, divertendosi un mondo come solo le nuvole sanno fare.

Il gruppo si è rifugiato sotto un cavalcavia della Roma-Fiumicino, disturbando alcune lavoratrici extracomunitarie, e ha ponzato sul da farsi. Alla fine ha prevalso la sfiducia climatica e ci siamo diretti, dopo appena 25 km, alla stazione di Ponte Galeria per prendere il treno e tornare a Roma.

Inutile dire che dopo poco ha smesso di piovere, anche se il sole è comunque rimasto nascosto.

Due riflessioni sull’abbigliamento.

Non avendo ancora effettuato la piena conversione al ciclismo, utilizzo un abbigliamento misto. Stavolta mi sono cipollato ben bene nello strato ciclistico (intimo), quello da jogging (secondo strato) e quello da motorino/sci di fondo (pantaloni del K-Way). Quindi ero piuttosto impermeabile, scarpe a parte, e avrei potuto facilmente continuare.

Le fanciulle invece sono rimaste particolarmente provate dalla combinazione freddo + acqua.

Secondo me il problema sono le calzamaglie indossate come unico elemento. Si pedala bene e sono sexy (mo' me la compro pure io), ma non mi pare proteggano se arriva l’acqua vera.

Se per questo anche i pantaloni del K-Way non sono veramente waterproof, ma comunque fanno molto di più.

Ho approfittato del rientro anticipato e sono andato a pranzo da mamma… la quale sta a dieta stretta e quindi ho dovuto portare un pollo arrosto (e pane dei panini). A casa stasera la famiglia si riunisce a cena. Ho già visto che il primo sarà integrato da un pollo arrosto... il mitico pollo Trilussa!
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venerdì 11 dicembre 2009

Quello che ho capito dell’incontro del 10…

Dopo una giornata iniziata male (Ceska mi ha trovato all’angolo del Colosseo che stavo rimontando la camera d’aria....), la sera, avendo scribacchiato tutto il santo giorno, sono fuggito dall’ufficio e sono andato a godermi l’incontro del tavolo tecnico all’Assessorato a Piazza di Porta Metronia.

Lì ho subito conosciuto Marco Contadini, che già mi aveva gentilmente inviato un paio di risposte per Roma Ciclista, al quale ho anche avuto l’onore di prestare la bici per cercare una sala disponibile per l’incontro. La sala non c’era e l’incontro l’abbiamo fatto en-plein-air, che a dicembre di sera non è malaccio.

L’incontro, finchè ci sono stato io, è stato molto positivo, ma non o dico per vantarmi, solo perché poi non so come possa essere andato a finire. Spero non a botte, comunque.

Marco Contadini, che cura la ciclabilità per l’assessorato all’ambiente, ci ha spiegato un po’ l’assetto del Comune per la ciclabilità. In pratica la capacità progettuale è tutta concentrata nell’assessorato (se ho capito bene).

I soldi no, e questo è un problemino. Eppoi bisogna sentire cosa dicono i residenti…

Vabbè, comunque con Marco Contadini, e con il capo della segreteria di De Lillo, del quale sono spiacentissimo ma non ho afferrato il nome, si è parlato di come organizzare il tavolo tecnico, che nasce con due gambe (?). Una gamba quella della realizzazione delle piste ciclabili, l’altra della ciclabilizzazione delle strade.

Secondo me un tavolo con due gambe non sta in piedi, e il tavolo e dovremmo aggiungerci una terza gamba, quella della sistemazione del presente, del tipo la ripitturazione dei passaggi ciclopedonali e la risoluzione dei problemi che si generano di giorno in giorno e mettono a rischio la già esigua rete ciclabile.

Abbiamo saputo (quello che ho capito) che esiste un piano realizzato dall’Assessorato con la collaborazione di quelli che si sono prestati (rimprovero alle associazioni) e che questo piano dovrebbe essere portato in giunta e approvato. Marco Contadini ha chiesto il sostegno delle associazioni di ciclisti per sostenere il piano.

Una volta approvato il piano, posso quindi essere stanziati gli sghei e fatti aprtire i lavori. Tempi? Parecchi, perché il piano deve essere depositato dai 90 ai 180 giorni per commenti, quindi se ne vanno altri sei mesi almeno dall’approvazione. (Se continua così potrò godermi le piste ciclabili solo se mi ci porterà la badante!).

Arrivato a questo punto me ne sono dovuto andare, e quindi non ho partecipato alla selezione dei rappresentanti dei ciclisti. Meglio per i ciclisti, credo. Chissà come è andata.

Ovviamente gli Assessori non c’era, ma saranno, ameno De Lillo, all’apertura del tavolo.

E’ una cosa seria? Secondo me nelle intenzioni di Contadini sì. Bisogna vedere se la giunta lo potrà appoggiare. E la giunta lo appoggerà se noi sapremo sostenere la realizzazione delle piste.

E le altre cose? Beh… di rispetto delle regole e di moderazione del traffico non se ne è parlato. Anzi, i Vigili Urbani saranno ben altri ossi da rodere.

Sono rimasti delusi quelli che, in un delirio di potenza, volevano costringere la Giunta a moderare l’intero traffico richiamando all’ordine almeno un milione di automobilisti. Forse si farà (io sono sico) ma sicuramente non la prima settimana. In effetti non credo che la Giunta Alemanno possa schierarsi realmente contro il proprio elettorato. Dare spazio alle bici è un conto, per la limitazione delle auto non credo che questa Giunta ne abbia il mandato dai propri elettori.

Stretta la foglia, larga la via, adesso dite la vostra, io ho detto la mia.

domenica 6 dicembre 2009

Scivolata al guado

Le battaglie ai guadi sono una delle caratteristiche del Signore degli Anelli. Il film ci ha regalato una suggestiva sequenza della battaglia ai guadi di Osgiliath (ma non corrispondente al libro, perchè Frodo non vi giunge mai, e gli Orchetti sono grossi come Uomini, cosa che è vera solo per gli Uruk-Hay), e lo stesso figlio di re Theoden, Theodred, era caduto difendendo i guadi dell’Isen. Cadere al guado insomma, era uno dei destini degli eroi sfortunati.

Questa mattina mi sono aggregato ad un gruppo di ruota libera® per un percorso che dalla stazione di La Storta doveva ritornare al Labaro passando per Isola Farnese. Una trentina di km immersi nel verde e nel bosco. Ma il diavolo ci ha messo la buccia di banana.

Infatti uno dei pezzi forti dell’itinerario è il guado di un torrente nei pressi di Isola Farnese. Non chiedetemi il nome, perché me lo sono già scordato, cmq non era ne’ Treja, ne’ Arrone, e neanche Po, Reno o Danubio.

In effetti la cosa mi aveva preoccupato sin dall’inizio, in quanto la stagione è avanzata. La guida ha detto: “Io ci entro senza problemi, poi tanto i piedi si asciugano strada facendo”. Beh, considerando che non siamo a luglio l’idea di asciugarmi i piedi alla bell’aria di dicembre non mi sconfinferava per niente, anche in considerazione della necessità di mantenermi fit-to.work per la settimana lavorativa. Vabbè. La guida aveva anche detto: “Alcuni si portano le buste per i piedi” e così io mi ero armato di due mega buste da supermercato. Alla stazione però alla mia richiesta, la guida aveva detto che l’estate arrivava alla caviglia, d’inverno quindi sarebbe stato più su… Altro che buste, le pinne ci volevano.


A scanso problemi mi ero portato anche un cambio intero (compresi calzini, ovviamente!), allo scopo di salvare il salvabile. In effetti avevo preso anche due buste medie da frigo, con questo ragionamento: Se le scarpe sono bagnate, mi metto i calzini asciutti, imbusto il piede bagnato e lo metto nella scarpa umida con la busta…

Ultima possibilità… E guadare a piedi nudi? Noooh… ci si può tagliare i piedi sulle rocce taglienti! Vabbè…

Malgrado questa pietra sul cuore partiamo. Prima parte bellissima, le Cascate di Isola Farnese, poi ci avventuriamo per il sentiero, coperto di pozzanghere larghe quanto due torrenti, nelle quali per tre volte ho rischiato di andare lungo a causa della bassa velocità.

Cmq, arriviamo al guado, e dall’alto lo guato… Profondità meno di 30 cm, fondo sabbioso, acqua trasparente inodore… Bene, tutto sommato si può anche farlo a piedi nudi. Mentre valuto la cosa, il primo smonta dalla bici e scende per la ripida roccia che porta all’acqua. Scivola e cade, anche se per fortuna non nell’acqua.

La prognosi della scivolata è una distorsione al ginocchio, fine della gita. Lo riaccompagniamo mestamente alla macchina (circa un’ora e mezza), con lui che stoicamente pedala con un piede solo. Merito dell’attacco, che però forse è stato anche il responsabile del volo.

A piedi asciutti decido, con un compagno, di rientrare a Roma per la Cassia, che percorriamo per 17 chilometri fino a Ponte Milvio, poi a casa per pranzo. Cose che succedono, mi dispiace perché la gita cominciava proprio a piacermi.

Da segnalare nella giornata il treno urbano talmente coperto di graffiti da non consentire di vedere le stazioni fuori, e la prima volta in metropolitana con la bici… veramente veloce e comoda. La si potesse usare tutti i giorni!

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martedì 1 dicembre 2009

Lo sapevo che si poteva fare!

Questo post è dedicato ad Alberto, divenuto grande canoista, al quale, provocatoriamente, avevo chiesto se l'avrei potuto seguire con la bicicletta nell'escursione alle Eolie... Mi ha detto: "Definitivamente no!". Bene, io rispondo: invece sì (almeno se non c'e' mare grosso).

La foto qui riprodotta riunisce le mie tre passioni (manca il piffero, pardon flauto barocco): bicicletta e catamarani (o canoame in genere).
La terza provate ad indovinarla.


Il prodotto è denominato shuttle bike, e ho l'impressione che sia realizzato in varie misure. Ovviamente più gli scafi sono lunghi e affusolati e più il tutto si muve bene sull'acqua.

La propuslsione è assicurata da un piede prodiero assicurato alla ruota anteriore, che prende moto da un mandrino che a sua volta è mosso da un rullo legato alla ruota posteriore. L'attaccarlo alla ruota anteriore consente di evitare un timne supplementare.


Ad occhio e croce sembra una cosa che funziona bene in acqua piatta e calma di vento. Al formarsi delle onde, o al crescere del vento contrario, qualche dubbio sull'assieme mi viene. Anche perchè il baricentro sembra piuttosto alto.


Quindi in campana, che se vi passa vicino un motoscafo a tutta birra ristiamo da capo a dodici...